La “dritta” di Renzi a De Benedetti sulla riforma delle banche popolari

di Redazione

Il Corriere della Sera e altri giornali oggi hanno pubblicato il testo di una registrazione telefonica che risale al gennaio 2015 in cui si sente l’imprenditore Carlo De Benedetti – tra le altre cose editore di Repubblica, ma con vari interessi in altri settori – dire a una persona incaricata di gestire i suoi investimenti di acquistare azioni delle banche popolari perché, spiega De Benedetti, l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi gli aveva detto che in quei giorni sarebbe stata approvata la riforma delle banche popolari, che ne avrebbe aumentato il valore delle azioni. De Benedetti dice anche che Renzi gli aveva accennato almeno uno dei punti fondamentali della riforma. Secondo diverse ricostruzioni dei giornali, dopo la telefonata e poco prima che la notizia divenisse di dominio pubblico, De Benedetti investì 5 milioni di euro in azioni di banche popolari. La riforma fu approvata quattro giorni dopo e De Benedetti guadagnò 600 mila euro.

La giornalista del Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini ha scritto che la registrazione è contenuta in un fascicolo che la procura di Roma ha trasmesso alla commissione Banche. Nella parte pubblicata, De Benedetti parla con Gianluca Bolengo, un dipendente della società Intermonte Sim spa che si occupa di gestire i suoi investimenti. De Benedetti gli assicura che il governo sta per approvare un decreto che riguarda proprio le banche popolari e spiega che a dargli l’informazione è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

De Benedetti: Faranno un provvedimento. Il governo farà un provvedimento sulle Popolari per tagliare la storia del voto capitario nei prossimi mesi… una o due settimane.
Bolengo: Questo è molto buono perché c’è concentrazione nel settore. Ci sono troppe banche popolari. Sa, tutti citano il caso di Sondrio città di 30 mila abitanti.
De Benedetti: Quindi volevo capire una cosa (incomprensibile) salgono le Popolari?
Bolengo: Sì su questo se passa un decreto fatto bene salgono.
De Benedetti: Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa.
Bolengo: Se passa è buono, sarebbe da avere un basket sulle Popolari. Se vuole glielo faccio studiare, uno di quelli che potrebbe avere maggiore impatto e poi però bisognerebbe coprirlo con qualcosa.

Si era già parlato più volte in passato del fatto che De Benedetti disponesse in anticipo di informazioni sulla riforma delle banche popolari, ma quasi sempre in termini generici e senza precisare quale fosse la fonte che gli aveva trasmesso l’informazione. Oggi per la prima volta è stato pubblicato il testo della registrazione in cui De Benedetti esplicita che la fonte era lo stesso Renzi, e che parlò con lui della riforma il giorno prima che la annunciasse pubblicamente. Il dialogo è stato registrato dalla Intermonte Sim spa, che per legge deve tenere copia dei dialoghi telefonici tra i suoi dipendenti e i clienti.

La procura di Roma si è interessata della vicenda dopo che Consob, l’autorità garante della Borsa, aveva segnalato una serie di operazioni sospette avvenute nei giorni precedenti all’approvazione della riforma, il 20 gennaio 2015. La riforma, che ha obbligato le principali banche popolari a trasformarsi in normali società per azioni, ha portato a un aumento del valore delle azioni delle banche popolari. Chi avesse saputo in anticipo dell’arrivo del decreto avrebbe quindi potuto ottenere guadagni notevoli. Per questa ragione la procura di Roma aveva aperto un’indagine per insider trading (il reato che commette chi utilizza informazioni riservate per fare investimenti in borsa).

Sia De Benedetti che Renzi sono stati ascoltati dalla procura di Roma ed entrambi hanno negato le accuse. Renzi è stato interrogato il 20 maggio del 2016 e durante il colloquio, aveva scritto all’epoca il Messaggero, ha detto che la notizia del decreto sulle banche popolari non era circolata «se non nell’ambiente ristretto dell’esecutivo», aggiungendo che nei suoi colloqui con De Benedetti «alla riforma delle banche si dedicarono cenni del tutto generici e non fu riferito a De Benedetti nulla di specifico su tempi e strumento giuridico». L’affermazione sembra in parte smentita dalla registrazione, visto che De Benedetti dice che la riforma sarà fatta entro «una o due settimane» e riguarderà l’eliminazione del voto capitario, l’elemento principale della riforma. In ogni caso sia Consob che la procura di Roma hanno archiviato la posizione di Renzi. Una richiesta di archiviazione è stata fatta anche per la posizione di De Benedetti, ma il giudice non ha ancora preso una decisione.

Il reato di insider trading avviene soltanto quando si realizza un guadagno sfruttando informazioni non di dominio pubblico. Consob ha stabilito che la riforma delle banche popolari divenne una notizia ufficialmente nota al pubblico la sera del 16 gennaio 2015, quando durante la direzione nazionale del Pd trasmessa in streaming Renzi annunciò la sua intenzione di approvare un decreto sul tema. La telefonata tra De Benedetti e il suo broker avvenne la mattina del 16 gennaio, ha appreso il Post, e gli ordini di acquisto, secondo diverse ricostruzioni, vennero fatti poche ore dopo.

Secondo la procura di Roma, però, questi elementi non sono sufficienti a configurare il reato di insider trading. Prima del 16 gennaio, infatti, erano stati pubblicati – uno il 3, l’altro il 6 gennaio – due articoli giornalistici di retroscena che ipotizzavano genericamente la possibilità di un qualche tipo di riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo (riforma di cui si parlava ciclicamente da anni). Secondo la procura, quindi, sapere della riforma prima del 16 gennaio non è sufficiente a costituire reato. De Benedetti avrebbe dovuto conoscere altre due informazioni per compiere il reato di insider trading: la data di approvazione della riforma e lo strumento giuridico utilizzato, cioè il decreto legge che, introducendo le nuove norme immediatamente senza un dibattito parlamentare precedente, avrebbe causato un aumento rapido nel valore dei titoli delle banche popolari. Secondo i magistrati non ci sono prove che De Benedetti avesse ottenuto queste due informazioni, quindi non c’è un reato di insider trading.

Oltre al profilo giuridico del caso, però, c’è quello politico. Al Post risulta che la telefonata di De Benedetti alla Intermonte Sim avvenne la mattina del 16 gennaio, cioè alcune ore prima che la notizia della riforma divenisse di dominio pubblico. Inoltre De Benedetti dice di averne parlato con Renzi “ieri”, quindi il 15 gennaio. Anche se non ci sono prove che De Benedetti venne informato dell’utilizzo del decreto legge (che secondo la procura avrebbe configurato un reato), sembra essere in possesso di informazioni dettagliate che non erano ancora di dominio pubblico: una data approssimativa di approvazione (“una o due settimane”) e il contenuto principale della riforma (l’abolizione del voto capitario). Sulla base di queste informazioni commissionò diversi investimenti che nei giorni successivi gli fruttarono una plusvalenza di 600 mila euro.

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