Censis: la ripresa c’è ma si vede poco e tra italiani cresce rancore

di Redazione

La ripresa c’è, ma in Italia cresce il rancore, secondo il Rapporto Censis sulla situazione sociale. Non si è distribuito il dividendo sociale del rilancio economico, spiegano all’istituto di ricerca, e “il blocco della mobilità sociale” dà vita a un clima di risentimento in un Paese dove, sottolineano gli esperti del Censis, molti degli utenti Internet risultano ingannati dalle fake news. In merito ai fattori che continuano a penalizzare la situazione in Italia, dice l’indagine, ci sono “trascinamenti inerziali da maneggiare con cura: il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio”. Pesa anche “la paura del declassamento”, definito “il nuovo fantasma sociale”.

“Fake news” – – Al Censis risulta che le fake news abbiano un forte peso tra gli utenti di Internet: più della metà hanno dato credito a notizie false circolate in rete (spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%, per un totale pari al 52,7%). La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di crederci spesso nel 12,3% dei casi. Per tre quarti degli italiani (77,8%) quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%).

La paura di scivolare indietro – L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, così come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. L’87,3% dei Millennials ritiene molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% giudica facile il capitombolo in basso. E’ per questo, osserva il Censis, che si rimarcano le distanze dagli altri: il 66,2% dei genitori italiani si dice contrario all’eventualità che la propria figlia sposi una persona di religione islamica, il 48,1% che si unisca a una persona più anziana di vent’anni, il 42,4% a una dello stesso sesso, il 41,4% a un immigrato, il 27,2% a un asiatico, il 26,8% a una persona che ha già figli, il 26% a qualcuno con un livello di istruzione inferiore, il 25,6% a una persona di origine africana, il 14,1% a una con una condizione economica inferiore. E l’immigrazione evoca sentimenti negativi nel 59% degli italiani, con valori più alti quando si scende nella scala sociale: il 72% tra le casalinghe, il 71% tra i disoccupati, il 63% tra gli operai.

Politica miope, scarsa espansione economica – Lo sviluppo, dicono al Censis, non si è accompagnato all’espansione economica. “Si sono indebolite le funzioni selettive esercitato dalla politica industriale e di investimento”, si legge nel rapporto, e le riforme “sono rimaste prigioniere nel confronto di breve termine”. La ripresa degli ultimi mesi, “più che l’avvio di un nuovo ciclo di sviluppo, indica il completamento del precedente. Il futuro si è incollato al presente. Il nostro futuro si prepara sul binomio tecnologia-territorio: sulla preparazione alla tecnologia con solidi sistemi di formazione e sulla valorizzazione del territorio con adeguate funzioni di rappresentanza politica ed economica”. “I gruppi sociali e i singoli individui hanno bisogno di immaginare il futuro. La politica invece ha mostrato il fiato corto, nell’incessante inseguimento di un quotidiano ‘mi piace’, nella personale verticalizzazione della presenza mediatica. Il disimpegno dal varo delle riforme sistemiche, dalla realizzazione delle grandi e minute infrastrutture, dalla politica industriale, dall’agenda digitale, dalla riduzione intelligente della spesa pubblica, dalla ricerca scientifica, dalla tutela della reputazione internazionale del Paese, dal dovere di una risposta alla domanda di inclusione sociale, ha prodotto una società che ha macinato sviluppo, ma che nel suo complesso è impreparata al futuro”.

Boom della povertà assoluta – Il Censis parla di 1,6 milioni di famiglie in una situazione di povertà assoluta, il 96,7% in più rispetto al periodo pre-crisi. Gli individui che si trovano in questa situazione sono 4,7 milioni, il 165% in più rispetto al 2007, con una crescita che coinvolge tutte le aree geografiche, ma maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Alla base della povertà c’è in primo luogo la scarsità di lavoro: tra chi cerca un’occupazione i poveri sono il 23,2%. Il 12,5% tra i minori sono poveri (+2,6% in tre anni), il 10% tra i Millennials (+1,3%), il 7,3% tra i baby boomer, il 3,8% tra gli anziani (-1,3%).

Lavoro, sempre più stranieri fanno gli operai – La classe operaia non parla più italiano. L’88,5% dei dipendenti stranieri (1.838.639 persone) sono operai, mentre tra gli italiani la quota è del 41%. Solo il 9,9% dei lavoratori stranieri (206.409) sono impiegati contro il 48% degli italiani. Tra i dirigenti, 9.556 sono stranieri contro i 391.585 italiani e tra le nuove contrattualizzazioni (1.881.918), 520.508 (il 27,7%) riguardano i braccianti agricoli. Seguono l’assistenza alle persone (158.977) e i collaboratori domestici (123.659).

Scuola, troppa burocrazia – Burocrazia troppo pesante per le scuole, secondo i dirigenti scolastici, tra i quali il 68,8% chiedono di affrontare il nodo economico chiedendo retribuzioni più ricche, in linea con il loro ruolo di dirigenti pubblici. Gravose, dicono i presidi, l’applicazione e le responsabilità relative a normative generali come la privacy, la trasparenza, l’anticorruzione, e poi la sicurezza e l’edilizia scolastica.

Crolla la fiducia – Non hanno fiducia nei partiti politici 84 italiani su cento, non credono nel governo il 78% e il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali. Il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia, il 64% crede che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica male i servizi pubblici. “Non sorprende che i gruppi sociali più destrutturati dalla crisi, dalla rivoluzione tecnologica e dai processi della globalizzazione siano anche i più sensibili alle sirene del populismo”, osservano al Censis. “L’astioso impoverimento del linguaggio rivela non solo il rigetto del ceto dirigente, ma anche la richiesta di attenzione da parte di soggetti che si sentono esclusi dalla dialettica socio-politica”.

Un italiano su due boccia la Pubblica amministrazione – Anche la Pubblica amministrazione non riceve un giudizio particolarmente positivo: il 52,1% degli italiani ritiene che ci siano molti problemi e il 18% ritiene pessimo il suo funzionamento. Accettabile per il 24%, mentre il 6% è soddisfatto. Il 44,6% non fa ricorso ai servizi online preferendo il rapporto diretto con l’operatore allo sportello (i tradizionalisti).

Acquisti in nero per 28 milioni – Sono 28 milioni e mezzo gli italiani che dichiarano di aver acquistato in nero nell’ultimo anno almeno un servizio o un prodotto: il 35,6% da artigiani, il 22,1% da professionisti e strutture sanitarie, il 20,3% in bar o pizzerie, il 19,1% al ristorante, il 14,7% in negozi alimentari, il 14,6% in esercizi diversi, il 13,2% da avvocati, architetti, ingegneri.

Reati, denunce a -8,2% – Ci sono però anche segnali positivi, come la diminuzione dei reati denunciati: nel 2016 sono stati 2.476.389, l’8,2% in meno rispetto al 2008. In cima alla graduatoria Milano con 237.365 reati (-15,5% rispetto al 2008), Roma con 228.856 (-3,3%), Torino (136.384, -11,7%) e Napoli (136.043, -4%). La criminalità pesa soprattutto a Milano con 7,4 reati ogni 100 abitanti. Seguono Rimini (7,2), Bologna (6,6) e Torino (6,0). Diminuiscono omicidi, rapine e furti, ma crescono i borseggi, i furti in abitazione, le truffe tradizionali e su Internet. Nel 2016 sono stati denunciati 162.154 borseggi, con un’incidenza media nazionale di 2,7 borseggi ogni 1.000 abitanti e un aumento del 31% dal 2008. Dal 2008 al 2016 le truffe sono cresciute del 45,4% (151.464 nell’ultimo anno).

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