Aversa, chiesa del Seggio a rischio crollo: i francescani destinati al trasloco

di Antonio Arduino

Aversa – A meno di sorprese dell’ultima ora i francescani che vivono nel convento di Sant’Antonio da Padova lasceranno la città. Dopo circa 900 anni di vita il convento, fondato nel 1230, resterà vuoto e la chiesa sarà chiusa al culto definitivamente. A determinare quello che per Aversa sarebbe un grosso danno per il valore storico, architettonico ed artistico del complesso che è stato il primo al mondo dedicato al santo di Padova, essendo stato fondato un anno prima della sua morte e dedicato originariamente a Sant’Antonio Abate per poi essere intitolato a Sant’Antonio da Padova, sono state le lesioni, accertate dai vigili del fuoco del comando provinciale di Caserta, che mettono a rischio la stabilità del complesso, al punto che i frati stessi lo hanno dichiarato inagibile e chiuso al pubblico lo scorso 12 novembre.

Una scelta dolorosa per i francescani che non vorrebbero lasciare convento e chiesa e restare ad Avesa per dare continuità alla loro missione e non abbandonare la comunità creata in questi anni. Ma, per farlo, avrebbero necessità di una sede alternativa, almeno fino a quando il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, proprietario dell’immobile, non deciderà d’intervenire per effettuare i lavori necessari alla messa in sicurezza ed all’eventuale restauro.

Aspettando che il Ministero decida d’intervenire, che lo faccia anche la Soprintendenza ai beni culturali, sotto la cui tutela è il complesso, e che la politica locale solleciti questi interventi, nella vicenda è intervenuto il vescovo della Diocesi Angelo Spinillo offrendo ai frati la chiesa di San Girolamo e gli appartamenti necessari ad ospitare i francescani che li occuperebbero gratuitamente. Una soluzione che, per i frati, sarebbe difficile da perseguire per una serie di motivi, cosicché non avrebbero alternative ed il complesso potrebbe restare chiuso definitivamente.

Per Aversa, che si definisce città d’arte, sarebbe una perdita gravissima. A questa potrebbero aggiungersi i danni, oggi non valutabili, prodotti dal crollo di tutto o parte del complesso se la presenza di una grossa massa d’acqua nel sottosuolo, verificata da una perizia fatta anche dall’amministrazione comunale, ne avesse davvero minato le fondamenta.

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