Morte Ciro Esposito, “una bravata” per Corte d’Appello. Genitori scrivono a Mattarella

di Redazione

Napoli – “Non vorrei che un po’ alla volta si sminuisse la gravità inaudita dell’agguato e dell’omicidio di cui è rimasto vittima Ciro Esposito, ragazzo napoletano, nel pieno della sua vita che voleva andare a Roma solo per vedere la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, cittadino di Scampia, un quartiere importantissimo della nostra città”. Così il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, a margine del conferimento della medaglia al valor militare ad Antonio Amoretti, in sala Giunta a Palazzo San Giacomo, si esprime sulle motivazioni della sentenza espressa nei confronti di Daniele De Santis, per cui il gesto computo è stato definito “una bravata”.

“Non vorrei”, afferma il primo cittadino di Napoli, “che un barbaro omicidio, un agguato, venisse ridotto a qualcosa di molto meno grave”. Il numero uno di Palazzo San Giacomo esprime “vicinanza assoluta alla famiglia di Ciro Esposito” e aggiunge “daremo tutto il sostegno necessario perché sia fatta giustizia e verità fino in fondo. So lo sconforto che in queste ore stanno vivendo i familiari di Ciro Esposito, in particolare la cara mamma Antonella che è stata un esempio di donna che non ha mai utilizzato linguaggi di odio e di vendetta ma sempre di giustizia, verità, perdono e pace. Ha diritto a una giustizia piena che finora non vedo”.

Intanto, i genitori annunciano che scriveranno una lettera al presidente della Repubblica: “Allegherò la sentenza ormai famosa per la ‘bravata di Danielino’ per chiedere al capo del Csm a quale Giustizia devono credere i cittadini, se si può decidere così in nome del popolo italiano e cosa bisogna spiegare ai familiari delle vittime innocenti in caso del genere”. Lo spiega l’avvocato Angelo Pisani, difensore dei familiari di Ciro Esposito, morto a seguito dopo giorni di agonia dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola esploso da Daniele De Santis nel prepartita della finale di coppa Italia del 2014.

L’ultrà della Roma è stato condannato a 16 anni in secondo grado dopo averne avuti 26 in primo grado. “Non penso di fare una ‘bravata’ – prosegue il penalista – ma di evidenziare quanta delusione e amarezza genera il sistema giustizia italiano. Dopo la singolare motivazione della sentenza della corte di assise d’appello di Roma con cui oltre ad aver ridotto la pena all’assassino si sminuisce l’accaduto e si parla di semplice bravata generando rabbia e sconcerto nei familiari e difensori del ragazzo ucciso”.

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