Tenevano segregati in un garage madre e figlio per vivere con la loro pensione

di Redazione

Una coppia di 52 e 37 anni è stata arrestata dai carabinieri a Cozzo, comune del Pavese, per maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, riduzione in schiavitù, circonvenzione di incapace e abbandono di persona incapace. I due, secondo le prime ricostruzioni, avrebbero ridotto in schiavitù le loro due vittime, madre e figlio, che erano reclusi in un garage di soli 42 metri quadrati usato come rimessa di attrezzi e vivevano “in un clima di terrore”. La coppia, ora in carcere, viveva grazie alla pensione delle due vittime.

I due avrebbero costretto una donna di 78 anni ed il figlio di 38, quest’ultimo fratellastro dell’uomo arrestato, a vivere in un clima di terrore, sotto la minaccia di percosse. Erano reclusi all’interno di un garage la cui destinazione urbanistica è risultata non abitativa, utilizzato anche come rimessa di attrezzi, vicino all’abitazione degli ‘aguzzini’ e privo di servizi igienici.

Per lavarsi utilizzavano il tubo dell’acqua posto in fondo al giardino e non avevano a disposizione altri indumenti oltre a quelli indossati. Ed ancora, mangiavano soltanto una volta al giorno, alla sera e non sempre cibi cotti. A scoprire la vicenda i carabinieri nell’ambito delle indagini, coordinate e dirette dal sostituto procuratore della Repubblica di Pavia, Roberto Valli, finalizzate a verificare presunti maltrattamenti in famiglia, in particolare verso soggetti affetti da disturbi mentali.

Nel pomeriggio di ieri, i carabinieri hanno fatto irruzione nel garage, controllato da un impianto di videosorveglianza, collegato tra il garage e l’abitazione degli arrestati. I carabinieri hanno sequestrato l’intero stabile, abitazione e garage. L’anziana ed il figlio sono stati trasportati presso l’ospedale di Vigevano, per le prime cure e gli accertamenti dello stato di salute mentre gli arrestati sono stati portati nelle carceri di Pavia e Vigevano.

I carabinieri stanno adesso svolgendo una serie di accertamenti per chiarire come la riduzione in schiavitù di madre e figlio, iniziata sin da quando anni fa il nucleo familiare si trasferì a Cozzo, un paese di circa 370 abitanti, non sia stata notata e segnalata immediatamente dai vicini. Non esclusa l’ipotesi di denunciare per favoreggiamento chi sapeva e non ha mai parlato.

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