Strage di via D’Amelio, 25 anni fa morirono Paolo Borsellino e la sua scorta

di Redazione

Sono passati 25 anni dal 19 luglio 1992, quando una Fiat 126 rubata con cento chili di tritolo saltò in aria in via D’Amelio a Palermo, all’altezza del civico 21, uccidendo Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto l’agente Antonino Vullo. Diverse le manifestazioni in tutta Italia in ricordo del giudice antimafia.

Sulla strage di via D’Amelio pendono ancora pesanti interrogativi, a partire da chi siano stati i mandanti esterni. L’unico punto fermo, a distanza di un quarto di secolo e dopo un numero incalcolabile di depistaggi, è l’ergastolo per i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino inflitto ad aprile dalla Corte d’assise di Caltanissetta alla fine del processo Borsellino quater.

Per commemorare la giornata si è tenuta una seduta straordinaria dell’assemblea plenaria del Csm in ricordo delle vittime della strage mafiosa alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Proprio davanti al Consiglio superiore della magistratura il 31 luglio del 1988 Borsellino era stato convocato dopo le interviste rilasciate a La Repubblica e L’Unità, nelle quali denunciava il preoccupante stato di smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Borsellino parlò per oltre quattro ore, condannando l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto attivati dallo Stato contro la mafia. Il pomeriggio dello stesso giorno veniva ascoltato anche Giovanni Falcone. Quest’ultimo sarà ucciso il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci. Paolo Borsellino 57 giorni dopo di lui.

Mattarella – “Paolo Borsellino ha combattuto la mafia con la determinazione di chi sa che la mafia non è un male ineluttabile ma un fenomeno criminale che può essere sconfitto”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aprendo il suo intervento al plenum del Csm dedicato alla desecretazione degli atti su Paolo Borsellino. “Non si è mai arreso anche quando era diventato ormai consapevole di essere vittima predestinata della mafia”, ha aggiunto.

La figlia di Borsellino – “Venticinque anni di schifezze e menzogne. Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo. Dovrebbe essere l’intero Paese a sentire il bisogno di una restituzione della verità. Ma sembra un Paese che preferisce nascondere verità inconfessabili”, dice Fiammetta, la figlia del giudice Paolo Borsellino, in un’intervista al “Corriere della Sera”. “Consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio”.

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