Divorzio, la Cassazione rivoluziona l’assegno: no a tenore di vita, basta autosufficienza

di Gabriella Ronza

Una rivoluzione importantissima per i divorzi e gli assegni di mantenimento legati a questi: la Cassazione ha detto di “no” al tenore di vita matrimoniale per quanto riguarda il calcolo dell’assegno di mantenimento che un coniuge deve all’altro.

Dopo 30 anni questo parametro lascia il posto a quello “di spettanza” basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Il matrimonio non è più la “sistemazione definitiva”: sposarsi, scrive la Corte, è un “atto di libertà e auto responsabilità”.

Con la sentenza 11504, depositata dalla Cassazione e relativa al divorzio tra un ex ministro e un’imprenditrice, i supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la ex moglie chiedeva l’assegno di divorzio già negatole con verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano nel 2014 che aveva ritenuto incompleta la sua documentazione dei redditi e valutato che l’ex marito dopo la fine del matrimonio aveva subito una “contrazione” dei redditi.

Ad avviso dei supremi giudici, la decisione milanese deve essere corretta in motivazione perché a far perdere il diritto all’assegno alla ex moglie non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva'” perché è “ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile”. “Si deve quindi ritenere – dichiara la Cassazione – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”.

L’ex ministro protagonista della vicenda ha espresso “soddisfazione” presso i suoi legali per l’esito del verdetto. Inoltre, ha preannunciato azioni legali nei confronti di chi diffonderà il suo nome violando la richiesta di anonimato stampigliata sulla stessa sentenza della Cassazione.

“Il nostro assistito – ha affermato l’avvocato Daniele Mariotti che, insieme a Ida Favero, ha difeso l’ex ministro nella causa in Cassazione – non ha dato alcuna autorizzazione alla diffusione del suo nome in relazione alla sentenza della Cassazione: gli abbiamo espressamente chiesto se voleva essere citato e ha risposto negativamente. Anche in considerazione del delicato ruolo che ricopre attualmente, non desidera comparire”.

Nel verdetto dei supremi giudici “chissà perché non è ricordato”, rileva l’avvocato Mariotti, ma l’ex ministro durante la separazione consensuale ha versato due milioni di euro alla ex moglie che aveva debiti. Per quanto riguarda la sentenza, l’avvocato Mariotti sottolinea che “è un importante punto di arrivo che sovverte quasi trenta anni di giurisprudenza costante e farà da ‘base’ per tutte le sentenze in tema di divorzio: per questo io e l’avvocato Favero riteniamo di aver ottenuto un risultato al servizio dell’intero Paese, e tanti cittadini potranno trarne utilità mettendo fine a situazioni di indebito arricchimento alle spalle dell’ex coniuge”.

Questa vicenda, ha proseguito Mariotti, “è stata trattata dalla Cassazione in due diverse udienze precedute da una ricerca dell’Ufficio del Massimario che ha fatto anche una panoramica della giurisprudenza comunitaria: evidentemente i supremi giudici erano pronti a prendere atto che i tempi sono cambiati e che quando due persone divorziano tornano ad essere ‘singole'”. Da Bologna, anche l’avvocato Salvatore Santagata, legale dalla ex moglie, ha invocato il rispetto della privacy per la sua cliente.

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