Scuola, premio dedicato a Gennaro Capuozzo: eroe delle Quattro Giornate di Napoli

di Redazione

Napoli – “Gli italiani e i campani sono stati un popolo di migranti e quindi abbiamo il dovere di offrire solidarietà e accoglienza”. Così la presidente del Consiglio regionale della Campania, Rosa D’Amelio, si è rivolta agli studenti in occasione della cerimonia di premiazione del concorso letterario “Gennaro Capuozzo”, promosso dall’omonimo Istituto comprensivo di Napoli.

Il premio, ideato dalla dirigente dell’Istituto comprensivo “Gennaro Capuozzo”, Silvana Dovere, è intitolato alla memoria dello scugnizzo napoletano il dodicenne Gennaro Capuozzo che cadde nel corso delle Quattro Giornate di Napoli alle barricate innalzate in via Toledo.

Il concorso offre l’opportunità agli studenti di trattare, ogni anno, un tema di attualità da affrontare con diversi linguaggi quali il racconto, la poesia, la grafica pittorica e il video. Tema dell’edizione 2016: “Migranti tra rifiuti e accoglienza”.

“Le istituzioni – ha affermato D’Amelio – devono essere sempre al fianco della scuola in ogni circostanza, ma soprattutto in occasione di simili iniziative che hanno l’obiettivo di coinvolgere i ragazzi su temi di estrema attualità”. “I giovani – ha aggiunto – sono il futuro della nostra comunità e devono fare propri, per poterli trasmettere, messaggi di impegno, di solidarietà, di accoglienza”. La presidente del Consiglio regionale della Campania ha inoltre, evidenziato la necessità di “tenere le scuole aperte, di garantire più servizi sociali e più accoglienza”.

“Si premiano le eccellenze e si riconosce, attraverso la figura di Gennaro Capuozzo, il senso di giustizia e di libertà”, le parole della dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Luisa Franzese.

Alla cerimonia ha partecipato anche l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, che ha sottolineato come “sono davanti agli occhi di tutti noi immagini di gente flagellata, di un’umanità sofferente a causa di situazioni politiche, sociali, economiche. A loro dobbiamo saper aprire le braccia perché se così non fosse, non saremmo più una famiglia umana”.

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