Roma, confiscati beni al boss della ‘Ndrangheta Domenico Scarfone

di Redazione

I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito un provvedimento di sequestro emesso dalla Sezione specializzata Misure di Prevenzione del tribunale ordinario di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina, nei confronti di Domenico Scarfone, esponente apicale del clan ‘ndranghetista Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo, locale di Oppido Mamertina, recentemente condannato dalla Corte d’Assise di Palmi e detenuto dal novembre 2013.

In particolare, le indagini patrimoniali eseguite dai Finanzieri della Compagnia di Velletri hanno tratto origine dal provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Erinni”, condotta nel 2013 dai Carabinieri di Reggio Calabria, per reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidi, intestazioni fittizie di beni e investimento di denaro di provenienza illecita nel mercato immobiliare romano.

Infatti, la cosca, cui il sessantenne calabrese apparteneva almeno dal 1989, ha investito, ed espanso i propri interessi in altre regioni, specialmente nel Lazio, proprio grazie alla “dinamicità imprenditoriale” del prevenuto e al fatto che lo stesso si fosse stabilito nel comune di Genzano di Roma da qualche decennio.

Ed è in particolare ai Castelli Romani, alle porte di Roma, che quest’ultimo riciclava prevalentemente le ingenti disponibilità frutto delle diverse attività criminali, provvedendo, grazie alla contiguità con avvocati e soggetti gravitanti nel modo delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari a trarre vantaggi dai pubblici incanti e ad assicurarsi beni che poi, con la collaborazione di una fitta rete di persone compiacenti, venivano intestati a terzi per occultarne la reale disponibilità.

Di particolare rilievo nella complessiva gestione del patrimonio illecitamente accumulato è la figura della ex moglie dello Scarfone che, nonostante l’intervenuta separazione, ha continuato, come ammesso dallo stesso, a “tenere la cassa”, tanto che anche la consorte è stata attinta dal provvedimento di custodia cautelare in carcere del 2013.

Considerati i plurimi elementi emersi sul conto del soggetto, sono stati eseguiti mirati approfondimenti economico-patrimoniali nei confronti di numerose persone fisiche e giuridiche, finalizzati alla ricostruzione dell’intero patrimonio nella disponibilità dello Scarfone, sia direttamente che indirettamente, non soltanto allo scopo di cristallizzare la ricchezza attualmente posseduta, ma anche per evidenziare le relative fonti di produzione e accertare, di conseguenza, l’evidente sproporzione esistente tra la consistenza patrimoniale e i redditi ufficialmente dichiarati al fisco.

La minuziosa ricostruzione operata ha consentito di ricondurre l’ingente patrimonio, apparentemente nella titolarità di altri soggetti (familiari e terzi compiacenti) alla reale disponibilità del proposto.

Particolarmente utili alle indagini patrimoniali sono risultate le evidenze acquisite dall’approfondimento delle indagini tecniche svolte nel predetto procedimento penale a carico del soggetto, incrociate con le molteplici informazioni disponibili alle banche dati in uso alla Guardia di Finanza.

I finanzieri della Compagnia di Velletri, grazie anche al supporto di altri Reparti del Corpo sul territorio nazionale, hanno dato esecuzione, nei giorni scorsi, alla misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale di Roma e, contestualmente, a 20 perquisizioni locali disposte dalla Procura veliterna, provvedendo a cautelare: 27 immobili (ubicati nei comuni di Roma, Albano Laziale, Genzano di Roma, Ariccia e Lampedusa); elevate disponibilità finanziarie, azioni e obbligazioni societarie, per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro.

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