‘Ndrangheta, sequestrati i beni del pentito Gennaro Pulice

di Redazione

La squadra mobile di Catanzaro, in collaborazione con il commissariato di Lamezia Terme, ha eseguito nel capoluogo ed a Lamezia, ma anche in Lombardia, Piemonte ed in Abruzzo, un sequestro di beni ritenuti riconducibili al collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, alla moglie e ad alcuni imprenditori considerati come suoi prestanome.

Pulice è ritenuto un esponente di vertice delle cosche confederate “Iannazzo e Cannizzaro-Daponte”, oltre che autore di diversi omicidi, il primo dei quali commessi addirittura quando era ancora minorenne. È un collaboratore di eccezionale importanza poiché oltre ad aver raccontato la sua partecipazione, come quella di altri, a diversi crimini è emerso come un affermato uomo d’affari ed imprenditore di successo, capace di investimenti di elevato profilo e di operazioni finanziarie che gli inquirenti definiscono “spregiudicate”.

Una vera propria “scalata” la sua che, partito da ruoli di pura manovalanza sarebbe arrivato a posizioni di rilevante prestigio criminale e dopo il conseguimento di ben due lauree in Giurisprudenza e Scienze Giuridiche.

Le indagini accerterebbero come Pulice, prima del suo arresto avvenuto nel maggio 2015 nell’ambito dell’operazione “Andromeda”, con il concorso di imprenditori “compiacenti”, avrebbe eseguito una serie di interposizioni fittizie in relazione alla titolarità delle sue attività economiche, si ritiene allo scopo di evitare eventuali misure ablatorie del patrimonio a seguito dell’applicazione a suo carico di misure di prevenzione.

“Una minuziosa ricostruzione della genesi e degli sviluppi delle ramificazioni affaristico-imprenditoriali” del collaboratore, spiegano gli investigatori, supportata anche intercettazione, dimostrerebbe la una capacità di interagire con imprenditori le cui attività si trovavano in difficoltà economica, situazioni che sarebbero state superate grazie all’immissione di capitali di Pulice. Cosa che secondo gli inquirenti avrebbe comportato la condizione che gli imprenditori “aiutati” divenissero di fatto dei “prestanomi” di quest’ultimo.

Nel corso della operazione, sono state sequestrate la totalità delle quote e l’intero patrimonio aziendale di cinque società e di una impresa individuale che operano prevalentemente nelle costruzioni; 20 immobili, alcuni veicoli e diversi rapporti bancari; il tutto per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

In particolare, tra le società figura la “Costruzioni Generali”, affidataria, in sub-appalto, di lavori per la realizzazione del “raddoppio” della linea ferroviaria ligure Andora (Savona)-San Lorenzo (Imola), della quale è titolare l’imprenditore catanzarese Raffaele Dornio, 24enne figlio di Gaetano, anch’egli imprenditore e destinatario del provvedimento di sequestro con cui Pulice avrebbe intrattenuto rapporti economici sin dal 2009-2010.

La tesi degli investigatori è che la “Costruzioni Generali”, sebbene formalmente intestata a Dornio, sarebbe stata invece riconducibile, di fatto, sempre a Pulice, tanto che in determinate circostanze, quest’ultimo ne avrebbe rivendicato gli utili per lavori effettuati, a fronte di pagamenti per salari e stipendi ai dipendenti o come compensazione di tasse pagate per l’attività d’impresa.

Nei confronti dei soggetti colpiti dal provvedimento, la Procura di Catanzaro ha contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori aggravato dalle modalità mafiose. Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia, secondo le direttive del procuratore Nicola Gratteri, dell’aggiunto Giovanni Bombardieri e del sostituto Elio Romano.

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