Latina, finge gravidanza per comprare neonata, poi la rifiuta perché mulatta

di Redazione

Latina – Il prezzo pattuito era di 20mila euro. Così una donna italiana, residente a Latina, nella zona di Borgo Podgora, voleva acquistare una neonata portata in grembo da una romena. Per tutta la durata della gravidanza della madre naturale della bimba, la donna aveva indossato una pancia finta acquistata online e aveva simulato una gravidanza con tutti i conoscenti. Ma dopo la consegna della neonata, inaspettatamente mulatta, la donna l’ha restituita.

Una storia agghiacciante scoperta dalla squadra mobile di Latina, guidata da Antonio Galante, che è riuscita il 15 marzo, con pochissimi elementi a disposizione, a rintracciare la neonata e a salvarla.

Tre persone sono finite in manette: l’aspirante madre Francesca Zorzo, di 35 anni, sposata con un uomo detenuto in carcere e già madre di un bambino; Nicoleta Tanase, romena di 25 anni; e un marocchino residente a Latina, Joussef Berrazzuk, 48 anni, l’intermediario tra le due donne.

Le indagini erano cominciate a metà marzo, dopo una segnalazione inviata in Procura da un funzionario dello stato civile del Comune di Latina, dopo la richiesta di una donna che voleva sapere come poter registrare all’anagrafe una neonata nata in casa.

La donna, dopo aver chiesto informazioni, non si era più presentata all’anagrafe e l’impiegato aveva inviato la segnalazione in Procura. La bambina è stata ritrovata circa 20 giorni dopo la sua nascita, in un’abitazione di Tor Vergata dove vivevano cinque africani richiedenti asilo. Era stata portata dal padre naturale, anche lui richiedente asilo proveniente dal Mali che lavora come mediatore culturale per una cooperativa di Roma.

Il ragazzo non aveva potuto riconoscerla alla nascita ma se ne era preso cura quando gli è stata portata e la bambina è stata trovata in ottime condizioni di salute. I poliziotti l’hanno trovata il 15 marzo scorso dopo due giorni intensi di perquisizioni e indagini tra Latina e un quartiere popolare di Anzio e Nettuno.

La bimba, che oggi ha poco più di un mese, è stata subito affidata a una casa famiglia. Di lì in poi le indagini sono andate avanti per oltre un mese e hanno consentito di ricostruire il quadro di quanto accaduto.

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