Armi ed elicotteri a Libia e Iran: fermati coniugi napoletani e ad “Italiana Elicotteri”

di Redazione

Mario Di Leva, convertito all’Islam con il nome di Jaafar, e la moglie, Annamaria Fontana, sono stati arrestati a San Giorgio a Cremano, nel Napoletano, dai finanzieri del Gico di Venezia nell’ambito delle indagini su un traffico internazionale di armi con Libia e Iran.

Tra i fermati anche Andrea Pardi, amministratore delegato della “Società Italiana Elicotteri”, già coinvolto un un’altra inchiesta su traffico di armi e reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia. Si tratta dello stessa persona che nell’ottobre del 2015 aveva aggredito il giornalista di Report Giorgio Mottola, reo di avergli posto alcune domande. Coinvolti anche uno dei figli dei coniugi (indagato a piede libero) e un libico, Mohamud Ali Shaswish, attualmente irreperibile.

L’indagine, coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Catello Maresca e Maurizio Giordano, si è sviluppata tra le province di Napoli, Salerno, Roma e l’Aquila in merito ad un traffico di armi destinate anche ad un gruppo dell’Isis attivo in Libia. Ma gli indagati sono accusati anche di aver introdotto, tra il 2011 e il 2015, in paesi soggetti ad embargo, quali Iran e Libia, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria, oltre a materiale “dual use”, cioè di uso civile ma convertibile per uso militare.

Almeno in un caso, secondo quanto emerso dalle indagini, la società si sarebbe avvalsa dell’aiuto della coppia di napoletani che avevano agganci con alti funzionari dell’Iran. Per vendere i pezzi di ricambio degli elicotteri in quel paese avrebbero messo in piedi una triangolazione con una società di Panama, che non riconosce l’embargo. In un altro caso, il trasferimento a gruppi militari libici sarebbe avvenuto con l’appoggio di una società in Ucraina.  Agli atti dell’inchiesta vi sarebbe anche una foto in cui la coppia è in compagnia dell’ex premier iraniano Ahmadinejad.

L’attività investigativa aveva avuto origine, nel giugno 2011, su input del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, in relazione a un precedente procedimento penale a Napoli dal quale è emerso che un uomo legato ad una fazione del clan camorristico dell’area casalese era stato contattato da un affiliato alla “Mala del Brenta” con precedenti specifici per traffico di armi. Quest’ultimo ricercava, infatti, persone esperte di armi e armamenti da inviare alle Seychelles per l’addestramento di un battaglione di somali da impiegare come mercenari (leggi qui).

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