Meningite, morta una ragazza romana partita con la parrocchia

di Gabriella Ronza

Un caso di meningite ha portato alla morte una giovane romana, lo rende noto la Cei: la ragazza era partita con una parrocchia romana alla volta di Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù, ma al rientro, fermatasi a Vienna, è deceduta.

I membri del gruppo di cui faceva parte, informa la Cei, sono stati già sottoposti alla necessaria profilassi, che consiste nell’assunzione di una compressa di Ciprofloxacina da 500 milligrammi. Poiché la giovane è transitata per Casa Italia – quartier generale a Cracovia del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile della Cei – l’ospedale di Vienna, a livello cautelativo, invita tutti coloro che abbiano visitato la struttura ad effettuare lo stesso trattamento. Nel caso in cui qualcuno accusasse sintomi quali febbre alta, mal di testa o di gola, problemi di vista o perdita di conoscenza, deve recarsi subito in ospedale, indicando quale potrebbe esserne la causa. “La Chiesa italiana – sottolinea la Cei – si stringe nel cordoglio attorno ai familiari della ragazza rimasta vittima, a conclusione di un’esperienza che è stata all’insegna della fraternità e della condivisione”.

Intanto, è rientrato l’allarme meningite per una ragazza della stessa parrocchia romana che ieri sera ha accusato un malore, con febbre e mal di testa, al rientro verso l’Italia. I test specifici hanno dato esito negativo ma la ragazza è stata trattenuta in ospedale a Udine mentre tutti gli altri sono ripartiti nella notte per Roma, solo per attendere i risultati di altri esami clinici e per motivi precauzionali.

Il Centro regionale emergenza e urgenza del Veneto (Creu) invita i giovani di rientro dalla Gmg di Cracovia a recarsi in ospedale per la profilassi antimeningite solo se hanno avuto contatti con la ragazza romana morta a Vienna durante il rientro. “La profilassi – afferma il comunicato – è raccomandata solo per le persone che hanno avuto contatti stretti con la persona deceduta, ovvero hanno viaggiato nello stesso pullman, dormito negli stessi locali, avuto contatti ravvicinati, pranzato allo stesso tavolo. Tutte le altre persone – conclude il comunicato – non devono recarsi presso le strutture sanitarie”.

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