Scontro treni ad Andria, il ritratto delle vittime

di Gabriella Ronza

Andria – La tragedia ad Andria dei treni della “Ferromtraviaria” del 12 luglio ha scosso l’opinione pubblica nazionale. 52 i feriti e 23 le vittime coinvolte. 23 vite spezzate nel tempo di un viaggio che ora ha preso una nuova direzione, quella che molti si augurano essere della pace eterna.

I primi, per la posizione frontale sui treni, a salutare la vita umana sono stati proprio i macchinisti: Pasquale Abbasciano stava svolgendo l’ultimo anno di servizio, nel 2017 avrebbe dovuto percepire la pensione e godere il meritato riposo. Luciano Caterino, invece, era molto più giovane: un tre settenne di “buona famiglia”, come dicono in molti, che sarebbe dovuto convolare a nozze a breve.

Stava tornando al lavoro dopo le ferie il vicequestore aggiunto della Polizia di Stato Fulvio Schinzari: 59 anni, una moglie, due figlie e un lavoro che amava.

Figlio lo era anche Antonio Summo, 15 anni, che stava tornando a casa, a Ruvo di Puglia, dopo aver partecipato a un corso di recupero per gli esami di riparazione nel suo istituto superiore a Andria.

Studentessa, universitaria però, era la letterata Jolanda Inchingolo, 25 anni. Avrebbe dovuto sposarsi a settembre. Sposato da anni e ormai in pensione era, invece, Enrico Castellano, 72 anni, di Ostuni, che viveva da molti anni a Torino. Fratello del giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Franco Castellano, era tornato per trascorrere qualche giorno con i figli.

Non era sul “treno degli orrori” un’altra vittima: Giuseppe Acquaviva, 51 anni. Agricoltore d’altri tempi, stava lavorando nel suo campo, di fianco al luogo dell’incidente. È stato colpito dalle lamiere dei vagoni del treno, dopo la collisione.

Morta come eroina, cercando di aiutare il nipotino, è stata invece Donata Pepe, 60 anni, originaria di Terlizzi, nonna del piccolo Samuele, il bambino trovato ancora vivo tra le macerie e salvato dai soccorritori. Avrebbe dovuto accompagnare Samuele a Milano, per riportarlo dai genitori.

Tra le vittime c’è anche l’estetista Patty Carnimeo, 30 anni, che lascia una figlia di due anni e mezzo. “Un angelo, bellissima e dolcissima” racconta sua zia.

Altro angelo è il giovanissimo Francesco Ludovito Tedone, 17 anni, che aveva appena trascorso un anno di studio all’estero, in Giappone, con l’organizzazione Intercultura. Originario di Corato, era stato nel suo liceo di Andria per perfezionare l’iscrizione al quinto anno.

Non studente, ma lavoratore (da pochi mesi) era Gabriele Zingaro, 23 anni di Andria, lavorava da pochi mesi e si era procurato una ferita a un dito. Era stato a Bari proprio per una visita di controllo al Policlinico.

Deceduto anche l’allenatore del calcio provinciale Salvatore Di Costanzo, 56 anni, del quartiere Colognola di Bergamo, che aveva come professione principale quella di agente di commercio.

Generosissima e altruista, così la descrivono, era Alessandra Bianchino, 29enne laureata in Scienza dell’Educazione. Impegnata sin da piccola nell’oratorio dei Salesiani di Corso Cavour ad Andria, nel mondo dell’associazionismo e del volontariato la conoscevano tutti ad Andria.

Era dedito agli affari, invece, Maurizio Pisani, 49 anni, pavese, laurea alla Sda Bocconi, fondatore della Pisani Foor Marketing oltre che padre di una bimba.

“Ha preso il treno all’ultimo minuto: quella mattina era molto in ritardo ma alla fine ce l’ha fatta”. A parlare è Giuseppe Colaleo, cognato di Maria Aloisi, 49 anni, morta nell’incidente. “Su quel treno – dichiara l’uomo – avrebbe potuto esserci mio fratello: ogni giorno si davano il cambio” per assistere un loro parente. “Mio fratello l’ha accompagnata al treno – aggiunge – e quando ha visto le immagini in tv si è fatto il segno della croce”. Maria lascia due figli di 21 e 28 anni. Infine, a lasciare i propri cari è stato anche Albino De Nicolò, 53 anni, capotreno.

Vite troncate in un viaggio di routine che è diventato viaggio ultimo e per qualcosa di più grande, vite ora altrove il cui biglietto di andata è stato l’amore dei propri cari, vite che hanno lasciato un segno nella memoria nazionale per quello che sembra essere a tutti gli effetti uno degli incidenti più grandi e terribili della storia della ferrovia italiana.

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