Camorra, sequestrati ristoranti e centri scommesse al clan Zagaria

di Redazione

Casapesenna – Ammonta a circa due milioni e mezzo di euro il valore dei beni sequestrati, giovedì mattina, dai carabinieri nei confronti di cinque persone ritenute legate all’ex superlatitante Michele Zagaria. Si tratta di Angelo Bamundo, 54 anni, di San Marcellino; Carlo Bianco, di 32, nativo di Villaricca; Michele Fontana di Casapesenna; Tommaso Tirozzi, 38 anni, di Aversa; e Nicola Vittorio, 33 anni.

Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, il gip di Napoli ha disposto il sequestro di sette immobili adibiti a private abitazioni e a residenze estive, un’autovettura, tre esercizi commerciali operanti nel settore della ristorazione e delle scommesse, sei conti corrente e libretti di risparmio.

La misura patrimoniale raccoglie gli esiti degli accertamenti svolti in seguito all’esecuzione, avvenuta l’11 maggio scorso, a cura del Ros dei carabinieri, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 persone indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa, in quanto considerate appartenenti al clan Zagaria, oltre che di estorsione, gestione illecita del gioco d’azzardo on line e raccolta illegale di scommesse su eventi sportivi, aggravati dalle finalità mafiose (leggi qui).

E’ la terza e ultima tranche del più ampio impegno investigativo noto come indagine “Zenit’, che ha già avuto un primo intervento repressivo il 10 dicembre 2015 (indagine “Jambo”), conclusosi con l’arresto di 25 indagati (leggi qui), nonché un secondo, il 17 marzo 2016, concretizzatosi con l’arresto di altre cinque persone (leggi qui).

E’ stato delineato un contesto associativo di tipo mafioso, principalmente costituito da Angelo Bamundo, Ulderico Ciccarelli, Michele Fontana (1970), Michele Fontana (1971), Paolo Natale, Francesco Perna e Armando Zara, riconducibile al clan Zagaria, il quale si è a sua volta avvalso di un “gruppo armato” formato da Paolo Natale, Francesco Perna e Tommaso Tirozzi che, sotto la direzione di Giovanni Garofalo, ritenuto elemento apicale del clan e fedelissimo di Zagaria, e dei sodali Carlo Bianco e Attilio Pellegrino, avevano perpetrato una serie di estorsioni ai danni di operatori commerciali.

È emerso, tra l’altro, ancora una volta, il coinvolgimento dei fratelli Garofalo, Giovanni e Giuseppe, posti a capo del cosiddetto “Gruppo di Casapesenna”, nella totale gestione, attraverso una rete di prestanome, fra cui Nicola Vittorio, di internet point, sale giochi, bar e centri scommesse, nonché la pressoché esclusiva distribuzione, in quell’area, di congegni elettronici da intrattenimento, le cosiddette “slot machine”.

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