Caso Morosini, consigliere smentisce: “Non ho mai detto che Renzi va fermato”

di Stefania Arpaia

Roma – E’ scoppiato nelle scorse ore il caso Morosini in seguito alle dichiarazioni del consigliere Csm in un’intervista rilasciata al “Foglio” in cui avrebbe attaccato il premier Matteo Renzi.

“Non ho mai rilasciato l’intervista alla cronista del “Foglio” – si difende in una nota Piergiorgio Morosini – Si è trattato solo di un colloquio informale, presso la sede del Csm, in merito ad un’inchiesta che la giornalista sta facendo su Magistratura democratica”. 

“Mi sono state attribuite delle affermazioni che non ho mai fatto – ha spiegato – e dalle quali prendo con nettezza le distanze. Prima fra tutte quella che dà il titolo all’intervista: non ho mai detto ‘Renzi va fermato'”.

Secondo il quotidiano, il consigliere parlando del referendum sulla riforma costituzionale, che vede la sua corrente schierata per il “no” avrebbe detto: “Se passa la riforma costituzionale abbinata all’Italicum il partito di maggioranza potrà decidere da solo i membri della Consulta e del Csm di nomina parlamentare. Renzi farà come Ronald Reagan, una bella infornata autoritaria di giudici della Suprema Corte allineati con il pensiero repubblicano su diritti civili, economia, uno scenario preoccupante”.

E ancora: “La vicenda mi ferisce perché mi sono state attribuite frasi incomplete, parole che non ho detto e che travisano un colloquio informale, che era partito con la premessa da parte mia che non si trattava di dichiarazioni pubbliche”. 

Il ministro della giustizia Orlando, intanto, ha chiesto “un incontro formale per un chiarimento” sulla vicenda. “Se alcune di quelle parole risultassero in qualche modo confermate sarebbero in aperto contrasto con lo spirito di leale collaborazione che fino a qui ha ispirato i rapporti tra Governo e Csm”, ha detto.

“Sono inaccettabili gli attacchi a esponenti di governo e parlamento – ha dichiarato Legnini – Noi pretendiamo rispetto per le nostre funzioni, ma per farlo dobbiamo prima di tutto assicurare rispetto ai rappresentanti dei poteri dello Stato”.

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