Caso Regeni, tensioni al vertice inquirenti Italia-Egitto

di Gabriella Ronza

È iniziato oggi il vertice di due giorni, tra inquirenti italiani e egiziani, per fare luce sulla morte violenta di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso e torturato in Egitto lo scorso 25 gennaio.

I partecipanti sono entrati nei locali della Scuola di polizia di via Guido Reni, a Roma, alle 10 di mattina. Poco dopo le 15, a cinque ore dall’inizio, gli egiziani hanno lasciato la sede mentre il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il pm Sergio Colaiocco, e il capo del Cos, Renato Cortese, e quello dei Ros, Giuseppe Governale sono rimasti dentro. Secondo quanto si apprende hanno cominciato a esaminare i documenti portati dal Cairo.

Si incontreranno di nuovo per analizzare fascicoli, documenti e prove. La delegazione di magistrati e investigatori cairoti è arrivata a Roma ieri sera, in un clima di tensione. Ormai sono all’ordine del giorno le accuse contro l’Egitto per il modo in cui le indagini sono state portate avanti. L’attenzione oggi si concentra sui documenti arrivati dal Cairo: tremila pagine, duemila fino a pochi giorni fa, con oltre 200 verbali di testimonianze. Intanto una fonte giudiziaria citata dal quotidiano al-Masry al-Youm afferma che una parte della delegazione egiziana “potrebbe” incontrare la famiglia del ricercatore per “porgerle le condoglianze e rispondere a sue eventuali domande”.

Di quelle pagine di dossier non si conoscono i particolari, ma la procura attende, da settimane, materiali dell’inchiesta promessi e mai spediti dal Cairo. Mancano ancora all’appello i dati delle celle telefoniche e i video delle telecamere di sorveglianza di metropolitane e negozi del quartiere nel quale Giulio viveva, dei quali la procura di Roma ha fatto, in più occasioni, esplicita richiesta. Inoltre i documenti inviati nelle settimane passate dal Cairo contengono informazioni ridotte anche sui verbali delle testimonianze raccolte dagli inquirenti egiziani.

Secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica, un anonimo sosterebbe che il generale Khaled Shalaby sia il mandante dell’assassinio e le nuove informazioni potrebbero finalmente verificare o meno questa indiscrezione.

Durante il vertice, da fuori sono arrivate le rassicurazioni dell’Egitto. Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry in un’intervista all’emittente televisiva al Arabiya ha ribadito che il caso è stato affrontato “in modo trasparente”. “L’Egitto – ha dichiarato – è intenzionato a mantenere i suoi stretti legami con l’Italia. Abbiamo aperto le nostre porte agli investigatori italiani per permettere loro di prendere parte alle indagini”.

Omar Afifi, l’ex generale dissidente egiziano che, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere l’autore delle mail anonime inviate a Repubblica, ha annunciato alla tv satellitare egiziana al Hiwar di essere “pronto per una totale collaborazione” con la magistratura italiana e a rivelare la verità sulle responsabilità dei servizi di sicurezza egiziani nell’assassinio di Regeni.

Afifi ha però anche ribadito di non essere l’autore delle mail inviate a Repubblica e ha spiegato che “potrebbe essere opera di un ufficiale onesto all’interno dei servizi” aggiungendo che “tuttavia si tratta della verità dei fatti”. Al Cairo, proprio durante il vertice a Roma, c’è anche stata una riunione tra il capo e il vice della procura di Giza, rispettivamente Ahmed Nagy e Hossam Nassar, con il procuratore generale Nabil Sadeq, incentrata proprio sulla lettera anonima pubblicata dal quotidiano.

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