Camorra a Roma, sequestri per 25 milioni ai clan Iovine e Guarnera

di Redazione

Roma – I finanzieri del comando provinciale di Roma hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro nei confronti di soggetti appartenenti alla fazione Iovine del clan dei casalesi e al contiguo ed autonomo “Gruppo Guarnera” di Roma-Acilia, per un valore complessivo di stima pari ad oltre 25 milioni di euro.

Le indagini economico-patrimoniali, condotte dagli specialisti del Gico, hanno preso spunto dagli approfondimenti eseguiti nei confronti di Mario Iovine (nel 2003 trasferitosi nella borgata romana di Acilia) e dell’allora affiliato clan Guarnera di Roma-Acilia che, nell’ottobre 2013, nell’ambito dell’operazione “Criminal Games”, portavano all’arresto di numerose persone per plurimi reati, tra cui associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni, usura, estorsione, rapina, illecita concorrenza con minaccia e violenza e detenzione illegale di armi.

In quel contesto, era stata monitorata una vera e propria “joint-venture” tra esponenti di vertice della criminalità organizzata campana e noti appartenenti alla criminalità organizzata romana, a loro volta in contatto con soggetti della Banda della Magliana, tra cui Luciano Crialesi e Renato Santachiara: obiettivo comune era la spartizione del remunerativo settore delle slot machine, “macchinette mangiasoldi” la cui installazione veniva “imposta”, sul territorio di Acilia, agli esercizi commerciali abilitati ed autorizzati dall’Aams.

Più in particolare, veniva accertato come il boss Mario Iovine, detto “Rififì”, stesse progressivamente estendendo le sue illecite attività nel settore delle slot machine dalla Campania al Lazio, coinvolgendo persone locali che “avevano il gioco in mano”: Sergio Guarnera, detto “Ciccio”, e Sandro Guarnera.

Dopo l’arresto di Mario Iovine, avvenuto nel dicembre 2006 – secondo ipotesi d’indagine, peraltro attualmente al vaglio dei Tribunale di Roma – i fratelli Guarnera promuovevano ed organizzavano un autonomo gruppo associativo mafioso, creato a perfetta imitazione della consorteria criminale casertana e ricalcante le medesime logiche delittuose: al fine di mantenere ed estendere il loro potere criminale ed economico, i Guarnera si sono avvalsi addirittura di un vero e proprio braccio armato e violento, composto da un nutrito e pericoloso gruppo di cittadini albanesi, definiti “i pugilatori”, tra cui il pugile Orial Kolaj – già campione italiano ed europeo dei pesi medio-massimi.

Elementi sintomatici della “pericolosità sociale” dei Guarnera venivano acquisiti nell’ambito dell’ulteriore operazione denominata “Vento dell’Est”, condotta sempre dal Gico di Roma, che, nel luglio 2015, portava all’esecuzione di ulteriori nove ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, di Sandro Guarnera, Sergio Guarnera, Arben Zogu e Petrit Bardhi, per estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e traffico internazionale di sostanze stupefacenti, aggravati dalle modalità mafiose.

Veniva poi accertato un grave episodio estorsivo, posto in essere nei confronti del titolare di un centro scommesse Snai di Guidonia Montecelio, esercitato attraverso ripetute minacce di violenza fisica. Venivano, tra l’altro, documentati un rilevante traffico internazionale di stupefacenti e la relativa commercializzazione sulla piazza della Capitale, coordinati dal noto Arben Zogu, detto “Riccardino”, il quale a sua volta vantava pericolosissime connivenze criminali con i vertici del clan Esposito di Napoli-Secondigliano, originario del napoletano ma presente nella Capitale e lungo il litorale romano (più in particolare, nella zona ricompresa tra Anzio e Nettuno), come emerso nell’ambito della nota inchiesta “Mondo di Mezzo”; il noto narcotrafficante Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”, rapporto rafforzato anche dalla comune fede calcistica; esponenti di rilievo della ’ndrangheta calabrese, egemone nella Piana di Gioia Tauro, in particolare durante il periodo di detenzione; il connazionale Elvis Demce, poi tratto in arresto lo scorso marzo 2015, quale mandante dell’omicidio di Federico De Meo, commesso a Velletri il 24 settembre 2013 e maturato nel quadro dei rapporti conflittuali per la gestione della piazza di spaccio di Velletri; il boss Massimo Carminati, tanto da portare quest’ultimo, nel corso di uno degli innumerevoli incontri presso il noto bar di Vigna Stelluti – documentati nell’operazione “Mondo di Mezzo” – ad arrestare improvvisamente la marcia del veicolo per salutare Arben Zogu, in quel momento in compagnia di Genny Esposito.

Lo stesso Sandro Guarnera era solito girare armato e si auto-dichiarava colpevole di “un paio d’omicidi miei”, così chiarendo ogni perplessità residua su quello che, senza mezzi termini, il Tribunale del Riesame e l’Ufficio Gip di Roma definirono un quadro investigativo di “preoccupante gravità”, soprattutto in relazione al contesto delinquenziale di riferimento “articolato e agguerrito”, denotante una “vera e propria scelta di vita”.

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