Traffico internazionale di droga, scacco al clan Tamarisco

di Redazione

I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli hanno eseguito, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali (di cui 22 custodie cautelari in carcere, 7 arresti domiciliari e 5 obblighi di presentazione), emesse dal Gip del Tribunale di Napoli, nei confronti di  esponenti di due distinte organizzazioni criminali dedite al traffico internazionale di stupefacenti, aventi basi operative nella provincia di Napoli e con solide ramificazioni in territorio estero.

La prima struttura associativa faceva capo al noto e pericoloso sodalizio camorristico dei “Tamarisco” (o dei “Nardiello”) attivo nel territorio di Torre Annunziata e nei comuni limitrofi dell’Agro nocerino-sarnese, storicamente leader nel settore del traffico internazionale di droga e al cui vertice si collocano i fratelli Domenico, Francesco e Bernardo Tamarisco. Il clan era stato pesantemente colpito negli ultimi anni con l’arresto del “boss” Francesco, 43 anni, avvenuto nell’aprile 2014 nell’ambito di un’operazione condotta anche stavolta dai finanzieri del Gico di Napoli e, successivamente, condannato dal Tribunale di Napoli a dieci anni e otto mesi di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti. Anche l’altro fratello, Domenico, 42 anni, è stato per lungo tempo lontano dalle dinamiche criminali del clan, avendo appena finito di scontare una lunga condanna sempre per traffico internazionale di droga.

Le redini dell’organizzazione erano, quindi, attualmente nelle mani del terzo fratello Bernardo (44 anni, costretto sulla sedia a rotelle per un‘infermità agli arti inferiori a seguito di un agguato subito a metà degli anni ‘90 dal clan, allora rivale, dei “Gionta”) e in stato di detenzione domiciliare dovendo scontare una pena definitiva di cinque anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Salerno. Tale stato di detenzione, tuttavia, non gli ha impedito di svolgere il ruolo di “reggente” del clan durante l’assenza degli altri due fratelli e, in tale veste, di gestire un intenso traffico di cocaina con il Sud America, avvalendosi della collaborazione del cognato Vincenzo Langiano, 43 anni, e sfruttando l‘intermediazione presso i cartelli fornitori del “broker” Salvatore Iavarone, 66 anni, stabilmente dimorante in Ecuador.

In effetti, proprio l’installazione di una microspia nell’abitazione “fortino” dei Tamarisco consentiva di individuare quel luogo come il quartier generale dell‘associazione, al cui interno si svolgevano le riunioni operative più importanti finalizzate a organizzare e coordinare le trattative per l’acquisto, l’importazione e la successiva commercializzazione della droga sul territorio campano.  Nello sviluppo della propria attività criminale, il clan Tamarisco era riuscito a diversificare i propri canali di approvvigionamento dello stupefacente entrando in affari con altre due organizzazioni di narcotrafficanti aventi basi logistiche, rispettivamente, in Ecuador e in Colombia di cui facevano parte, fra gli altri, i cugini Davide Scuotto, 44 anni, e Claudio Scuotto, di 41.

La cocaina destinata al gruppo “Tamarisco” veniva spedita via mare dai porti del Sud America (in particolare da quello di Guayaquil in Ecuador) a quello italiano di Salerno, dove l’organizzazione poteva contare sull’appoggio di alcuni operatori addetti alla movimentazione delle merci per il recupero e la successiva consegna delle partite di stupefacente occultate a||’interno dei container.

Sulla base dei riscontri probatori acquisiti nel corso delle indagini, l’organizzazione e riuscita a concretizzare diverse importazioni di cocaina dall’Ecuador, fra cui i 48 chilogrammi giunti al porto di Salerno nel mese di giugno del 2014 e altri 24 chilogrammi nel dicembre del 2014. Inoltre, sempre alla stessa organizzazione erano destinati 33 chilogrammi di cocaina sottoposti a sequestro nel porto di Manzanillo (Panama) dalla locale Polizia nel marzo del 2015.

Diversi, infine, sono stati i tentativi di importazione di ulteriori ingenti quantitativi di cocaina non andati a buon fine per fatti indipendenti dalla volontà dei responsabili. Una volta giunta nel territorio campano, la droga veniva collocata sul mercato attraverso diversi passaggi intermedi che vedevano come principale protagonista il pluripregiudicato Vincenzo Barbella, 70 anni, il quale risulta aver acquistato all’ingrosso dal clan Tamarisco diverse partite di cocaina, successivamente cedute ad altri compratori, referenti anche di noti clan napoletani, per la definitiva destinazione alle piazze di spaccio.

Il sodalizio aveva avviato rapporti commerciali anche con una importante cosca della ‘ndrangheta della fascia jonica-reggina finalizzati all’acquisto di partite di cocaina, come dimostra il sequestro di oltre 1 chilogrammo di cocaina avvenuto nel novembre del 2015 presso un hotel B&B ubicato nel comune di Torre Annunziata, gestito da Antonio Cirillo, 41 anni, già noto agli investigatori in quanto ritenuto uno dei “magazzini” di stoccaggio dello stupefacente nella disponibilità dell‘organizzazione. Nell’occasione, infatti, un referente della cosca calabrese si e recato personalmente presso la citata struttura per consegnare una partita “campione” (trasportata a cura di un corriere a bordo di un’autovettura munita di apposito “doppiofondo”) in vista di una successiva e più consistente fornitura di merce. Nel corso della successiva perquisizione all’interno de||’immobile, é stata rinvenuta anche una pistola semiautomatica marca Glock, priva di matricola, modello 9×19, con relativo caricatore inserito contenente 12 cartucce calibro 9, nonché ulteriori 51 cartucce calibro 9.

La seconda organizzazione, del tutto autonoma ma meno articolata rispetto alla precedente, era composta da quattro soggetti, di cui due campani (Francesco Matrone, 33 anni, e Biagio Perlingieri, di 34), un trevigiano (Paolo Domenico Da Rold, 50 anni) e un cittadino sloveno (Marian Petovsky, 46 anni) ed aveva anch’essa la propria base logistica nel comune di Torre Annunziata. Il sodalizio era specializzato, in particolare, nell’importazione dalla Spagna di ingenti quantitativi di hashish che venivano trasportati in Italia attraverso automezzi pesanti all’interno di appositi carichi di copertura e, successivamente, immessi nel mercato clandestino locale.

Le accurate investigazioni di natura tecnica esperite a carico di questo ulteriore gruppo criminale consentivano, fra l’altro, ai finanzieri del Gico di Napoli di sequestrare nel febbraio del 2015 a Vimodrone (Milano) un carico di 1.042 chili di hashish occultato in un mezzo pesante proveniente dalla Spagna a bordo del quale si trovavano due corrieri di nazionalità straniera, successivamente tratti in arresto. Uno di questi, il cittadino sloveno destinatario dell’odierna misura cautelare, già in precedenza aveva curato per conto dell’organizzazi0ne il trasporto di altri carichi di hashish tutti provenienti dalla penisola iberica e destinate al territorio campano.

L’operazione, svolta in maniera coordinata in diverse parti del territorio nazionale con la collaborazione di altri Reparti della Guardia di Finanza, ha comportato il dispiegamento di oltre 170 militari e l’impiego di 59 automezzi. Contestualmente all’esecuzione delle misure personali, i finanzieri hanno proceduto anche al sequestro preventivo di 22 beni immobili, 19 automezzi, 6 aziende commerciali e numerosi rapporti bancari per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, in quanto ritenuti dagli investigatori presunti reinvestimenti dei proventi delittuosi del narcotraffico.

Fra i provvedimenti di cattura eseguiti, figura anche un mandato di arresto internazionale emesso a carico di Salvatore Iavarone, broker dimorante nella citta ecuadoregna di Guayaquil, dove lo stesso gestiva anche alcune attività commerciali. In tale contesto, grande merito e riconoscenza vanno attributi alla polizia di quel Paese che, pur in momento di grave emergenza dovuto al devastante sisma che nei giorni scorsi ha colpito quelle zone, ha assicurato una preziosa collaborazione investigativa, giungendo, nel corso di un’operazione congiunta coordinata dall’esperto per la sicurezza di Bogotá della Direzione centrale per i servizi antidroga, all’individuazione e alla cattura del narcotrafficante.

L’importanza dell’indagine, che si e avvalsa del fondamentale ruolo di coordinamento della Direzione Centrale per il Servizi Antidroga, è testimoniata non soltanto dai rilevanti carichi di droga ricondotti ai due sodalizi e dall’altrettanto rilevante numero di pericolosi trafficanti di morte assicurati alla giustizia ma, soprattutto, per essere riuscita a colpire in tutti i suoi gangli operativi ed organizzativi una delle pilli pericolose ed efferate associazioni camorristiche, da diversi anni leader nel settore del traffico di cocaina a livello internazionale.

La spiccata attitudine delinquenziale e l’attuale pericolosità degli appartenenti al clan è stata ulteriormente confermata dalle recentissime risultanze investigative acquisite sul conto di Domenico Tamarisco il quale, appena pochi giorni dopo la sua scarcerazione avvenuta lo scorso 6 aprile, si e subito reinserito a pieno titolo nell’organizzazione di appartenenza. In particolare, dalle conversazioni captate all’interno dell‘abitazione dei Tamarisco, è emerso, non solo, che quest’ultimo ha immediatamente avviato trattative finalizzate all’acquisto di ingenti partite di stupefacenti ma, soprattutto, il chiaro intento del “boss” di riaffermare in modo clamoroso il suo prestigio criminale attraverso l’imminente realizzazione di altri gravissimi reati, fra cui l’uccisione di un soggetto, non meglio individuato, con il quale era verosimilmente entrato in contrasto prima di essere arrestato.

Tali elementi, suffragati da univoche e circostanziate evidenze investigative circa la disponibilità di numerose armi nonché di un gruppo di fuoco già pronto all’azione, ha indotto la Procura a disporre il fermo immediato di Tamarisco, interrompendo così sul nascere i suoi efferati progetti criminali.

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