Truffa da tre milioni di euro all’Aversa Bene, chiesti rinvii a giudizio

di Nicola Rosselli

Aversa – Tre milioni. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio si parla di tre milioni di euro, ma dovrebbero essere di molto più quelli truffati ad esponenti della borghesia aversana ad opera di un’intera famiglia, marito, moglie, figlio e cognato, che hanno fatto intravvedere investimenti fruttuosi con la “Incomm srl” o azioni di una banca, la “Banca Popolare Normanna”.

La storia inizia nel 1998 e si ferma nel 2014, quando gli investitori, non vedendo i frutti dell’investimento e nemmeno la nascita della banca, iniziano a rivolgersi alle forze dell’ordine. Per mesi e mesi hanno indagato, nel più stretto riserbo, i carabinieri della locale stazione, i finanzieri del gruppo di Aversa e il nucleo di polizia tributaria di Caserta. Alla fine il rinvio a giudizio, su richiesta del pubblico ministero del tribunale di Napoli Nord, Ilaria Corda.

Per L.F., 68 anni, (notissimo esponente di una famiglia altrettanto nota in città, con un passato da politico, tanto da aver partecipato anche a delle primarie per la candidatura a sindaco), e il cognato A.D.V., 63 anni, l’accusa di aver svolto attività di intermediazione finanziaria senza le prescritte autorizzazioni e, cosa più grave «perché, in concorso morale e materiale tra loro, anche a mezzo della società Incomm srl, in tempi diversi e con più azioni esecutive di un medesimo giudizio criminoso, con artifizi e raggiri – consistiti nel presentarsi quali esperti di investimenti mobiliari e/o immobiliari e nel prospettare la possibilità di lauti profitti in relazione ad investimenti che, in realtà, non venivano mai effettuati – inducevano in errore numerosissimi clienti dai quali si facevano consegnare ingenti somme di denaro da investire (somme che, in realtà, non venivano investite o comunque venivano gestite in maniera infedele), procurandosi un ingiusto profitto con correlativo danno per le persone offese».

Per la moglie di L.F., C.D.V., 67 anni, e per il figlio M. F., 37 anni, l’accusa di aver negoziato assegni ed altri titoli che gli investitori avevano consegnato ai loro familiari.

A farne le spese l’Aversa bene. Dal noto oculista che avrebbe consegnato poco meno di mezzo milione di euro, al farmacista con 150mila, ad una coppia di medici che avrebbero visto sfumare esattamente mezzo milione alla coppia di sorelle che avrebbero consegnato circa un milione e 200mila euro all’impiegato con i suoi 45mila euro. Significativo l’episodio di una nota dirigente scolastica dalla quale L.F. si sarebbe fatto consegnare, in tre mesi, 120mila euro promettendole quote della costituenda Banca Popolare Normanna ed un posto di lavoro per il figlio. Sarebbero, però, tanti altri i defraudati che avrebbero deciso di non denunziare la beffa subita.

L.F., inoltre, per quanto riguarda la sua attività, è stato considerato imprenditore di fatto e dichiarato fallito dal tribunale aversano di Napoli Nord il 16 dicembre scorso. La prossima udienza del procedimento penale si terrà a luglio.

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