Libia, Mattarella riunisce il Consiglio supremo della Difesa

di Giuseppe Della Gatta

Roma – Si è riunito al Palazzo del Quirinale il Consiglio supremo della Difesa con a capo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Al tavolo con il Capo di Stato erano presenti il premier Matteo Renzi, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e il generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa. Assieme a loro erano poi presenti il segretario del Consiglio Supremo di Difesa, generale Rolando Mosca Moschini. Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, e il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti.

Ordine del giorno della seduta speciale, l’invio di truppe italiane in Libia, e sembrerebbe che il nostro Paese sia pronto a farlo ma solo nel caso in cui pervenisse una richiesta di auto dal nuovo governo di unità nazionale libico.

Mattarella è però chiaro: “Non esiste un piano B”. La possibilità di tale intervento, infatti, diverrebbe prettamente reale solo se effettivamente il nuovo esecutivo libico nascesse e dunque con il conseguente riconoscimento di esso. In tal caso sarebbe da considerare anche i rischi per l’Italia, che affianco agli alleati, con un’ulteriore intervento in territori caldi, potrebbero innescare una reazione opposta che porterebbe a delle rivolte (nel caso più drammatico potrebbero essere capeggiate dallo stesso Stato Islamico) contro le nostre forze armate.

Dunque, la scelta interventista in Libia da parte dell’Italia sarebbe una risposta sulle politiche di difesa che il nostro paese comunica ai suoi alleati che da diversi mesi a questa parte spingono l’Italia affinché intervenga nel complicato scenario libico.

Anche se ormai è constatata la presenza di truppe francesi, britanniche e americane sul suolo libico, l’Italia è l’unica a voler ancora frenare nell’intervento, almeno fino alla formazione del nuovo governo di Fayez al-Sarraj (nominato dall’Onu) e anche per la paura di ritorsioni vista la sua vicinanza al paese nordafricano.

Lunedì 29 febbraio si attende il “d-day” delle truppe occidentali al quale si aggiungerà l’Italia, speranzosa che il parlamento di Tobruk si riunisca per dare fiducia al governo di al-Sarraj. Quest’ultimo, secondo le fiduciose ipotesi del ministero della Difesa italiano, una volta ottenuta la fiducia, richiederà alla comunità internazionale gli aiuti militari per l’addestramento di forze locali e per il monitoraggio di siti strategici, tra cui numerosi complessi di produzione degli idrocarburi dove l’Italia è presenti con l’Eni.

Ovviamente l’altra faccia della medaglia potrebbe prevedere la mancata nascita del governo al-Sarraj, in quel caso l’intervento militare non ci sarà ma continueranno i raid aerei americani nell’ambito della coalizione anti-Isis. Così verranno rivisti anche gli accordi militari con gli Usa riguardo l’uso della base di Sigonella.

Altro tema caldo di cui si è discusso nel consiglio è anche il fronte balcanico: c’è preoccupazione, infatti, riguardo i flussi migratori dei Balcani che con l’arrivo della primavera e con una probabile uscita della Grecia dall’area Shengen si riverserebbe molto probabilmente sulla costa adriatica italiana.

Si è discusso, infine, dell’attuazione del “libro bianco della difesa” che potrebbe concretizzare una riforma delle forze armate che prevedrebbe un accentramento di poteri del Capo di Stato maggiore della Difesa, con una razionalizzazione delle spese e di una maggior capacità di decisione nelle forze armate.

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