Pensioni, rifiutate proposte di Boeri. Damiano: “Inps non fa leggi”

di Stefania Arpaia

Roma – Rifiutate le proposte di Tito Boeri, presidente dell’Inps, relative ai tagli su pensioni e vitalizi dei politici. Presentate a Palazzo Chigi lo scorso giugno, il governo ha deciso di non inserirle nel disegno di legge di Stabilità, spiegando che sono rinviate ad una ulteriore riflessione futura.

Sarebbero delle “riserve” le idee di Boeri secondo cui sarebbe necessario tagliare “fino al 50% i vitalizi dei politici, quando superano la quota di 80-85 mila euro lordi l’anno”. Tagli del 12% anche per le pensioni “normali”, quando vanno oltre la soglia degli 80mila euro e solo se non sono “giustificate” dai contributi versati nel corso della vita. 

Intervistato da Lucia Annunziata per il programma “In mezz’ora” di Raitre, la scorsa domenica, Boeri ha dichiarato: “Il taglio sarebbe progressivo: più alto è il vitalizio più alta è la percentuale di taglio”. 

“Una revisione al ribasso, naturalmente, che abbasserebbe l’importo di alcuni assegni generando altri risparmi per lo Stato – ha aggiunto – Ci sono dirigenti di aziende, personale delle Ferrovie dello Stato e altre categorie che hanno avuto trattamenti di riguardo, soprattutto rispetto a quando andare in pensione. In tutto una platea piccola, circa 200mila persone”.

I soldi risparmiati servirebbero a finanziare la famosa flessibilità in uscita, cioè la pensione anticipata con l’obbligo di accettare un assegno più basso rispetto a quello normale. La riduzione sarebbe pari al 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai limiti fissati dalla Legge Fornero. Il meccanismo, però, non sarebbe utilizzabile da chi ha una pensione bassa, sotto i 15-20 mila euro lordi l’anno. E questo per evitare che la flessibilità finisca per generare nuove situazioni di povertà.

I soldi risparmiati con gli interventi sulle pensioni più alte invece servirebbero a finanziare altri tre interventi: rendere meno cara la ricongiunzione dei contributi, per chi ne ha versati in casse diverse; reintrodurre l’integrazione al minimo grazie all’aggiunta di soldi da parte dello Stato per far arrivare l’assegno a 500 euro anche quando i contributi non bastano; e creare un reddito minimo per gli over 55 anni che restano senza lavoro.

Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e presidente della Commissione Lavoro della Camera, attacca: “A mio avviso l’Inps dovrebbe fornire dati e strumenti al Parlamento e al governo per fare le leggi, non proporle. Va bene colpire i privilegi ma io temo che una discussione di questo tipo possa rischiare di finire con il considerare un furto tutte le pensioni calcolate con il metodo retributivo finanche quelle da 1.300 euro lordi degli operai o degli impiegati che hanno lavorato tutta una vita”.

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