Santulli: “Mala politica alimentata dalle debolezze dei cittadini”

di Nicola Rosselli

Aversa – “Al servizio della città e dei cittadini. Questa dovrebbe essere la motivazione responsabile di quanti stanno pensando di candidarsi o come partecipare alla prossima consultazione elettorale”.

Ad affermarlo l’ex parlamentare centrista e consigliere comunale uscente Paolo Santulli, che continua: “Aversa, come tutte le Città ed il Paese intero, ha bisogno di persone che intendono dare il loro contributo di idee di suggerimenti di impegno sociale per la crescita e lo sviluppo di tutto il territorio, non solo locale. Le difficoltà del momento esigono innanzitutto la partecipazione dei cittadini al voto, quale loro diritto-dovere. Non votare determina quello che sta accadendo: ‘cordate’ che con il 28/30 % delle preferenze, assumono il governo delle Città, delle Regioni, del Paese. Certo, con il 50 % e più degli elettori che non votano, questi sono i risultati inevitabili. E’ proprio quello che ‘certa’ politica vuole, per raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo. E’ vero, i cittadini sono sfiduciati, non credono più ai politici. La ‘mala politica’ però, paradossalmente, è alimentata proprio da certe debolezze dei cittadini”.

L’esponente centrista inizia, poi, un’analisi della situazione e delle cause: “E la prima debolezza è il clientelismo, che nasce quando si vogliono dei privilegi, affermando i propri ‘interessi’ a discapito di quelli degli altri; per non parlare della corruzione, addirittura delle bustarelle per ottenere i propri diritti; nonché il voto di scambio. I tradimenti di ‘certi’ politici, con le loro ruberie, sono sotto gli occhi di tutti e sconcertano sempre più, ma chi ha determinato l’elezione di certi uomini? Ora se è vero che dalla politica – come diceva Maurras – ci si può aspettare di tutto, ‘fare’ politica significa non lasciarsi cogliere di sorpresa.  Perciò, il potere è nelle mani degli elettori che possono cambiare le sorti e la storia.

L’abitudine di una parte dell’elettorato, relativamente alle scelte dei partiti e dei candidati, è la transumanza. In pratica, come le pecore seguono il montone, si seguono le indicazioni del ‘grande elettore’, del ‘parente che capisce’, di quello che può fare i piaceri, di quelli che fanno le promesse, le ‘famiglie’ o gli uomini potenti o facoltosi! La politica è una ‘cosa sporca’, si schermiscono i più che non vanno a votare, ma come dimostrato, diventano essi stessi, inconsapevolmente, quelli che determinano questa ‘cosa sporca’ con il loro non voto”.

Ecco, allora, chiedersi: “Perché non cambiare? Perché non rendersi conto che, nonostante la crisi delle motivazioni ideali, è necessario evitare il rifiuto delle responsabilità politiche”.

La risposta è anche una sorta di appello: “La politica si occupa della gestione della cosa pubblica, quindi dei nostri interessi, quelli dei nostri figli e delle generazioni successive, il futuro è nelle mani di ogni cittadino, singolarmente. Se le cose vanno bene o vanno male, dipende da ognuno, singolarmente. Partecipare, non essere assenteisti, significa occuparsi di scegliere le persone più giuste per governare. Mettere la cosa pubblica nelle mani delle persone che meritano fiducia e che sappiano operare ed essere fattivi poiché, come De Gasperi ammoniva, politica vuol dire realizzare. Bisogna dunque far sì che a decidere dei problemi pubblici, siano uomini che lo facciano in modo pubblico e non in modo ‘privato’! Tra i candidati e le forze politiche che si presentano alle elezioni, se non si trovano i migliori, certamente, ci sono i meno peggio, che sono quelli che hanno comunque requisiti di correttezza e affidabilità. Pertanto non ci sono giustificazioni per quelli che non votano. Incombe la necessità di un rinnovamento della coscienza civile dei cittadini. L’acquiescenza e la rassegnazione passiva, hanno portato le cose nello stato in cui sono. E’ necessaria una inversione di tendenza se si vuole cambiare ‘responsabilmente’, evitando inutili e ingiustificabili scelte di ‘protesta’. I salvatori sono trascendenti.  Se, da persone comuni, vogliamo salvarci, dobbiamo farlo da soli, partecipando”.

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