Bari, decapitato il clan Strisciuglio: 40 arresti

di Redazione

Bari – Duro colpo alla malavita barese: i carabinieri del comando provinciale di Bari hanno eseguito circa 40 arresti a carico di esponenti del clan Strisciuglio in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari di Bari, su richiesta della Dda della Procura della Repubblica di Bari.

Un’operazione complessa, che ha permesso di ricostruire anni di egemonia del clan mafioso, e di dominio in settori vitali dell’economia, primo fra tutti quello edile locali. Gli imprenditori erano costretti a pagare due volte il pizzo per lavorare: sia agli Strisciuglio sia agli uomini del clan Di Cosola, duramente colpito ad aprile con i 62 arresti dell’operazione ‘Pilastro’. Nessun cantiere era esentato, il racket aveva toccato anche la costruzione di una scuola elementare nella zona di Palese.

Gli interessi del clan Strisciuglio si erano con il tempo estesi. Sono state documentate le infiltrazioni nella tifoseria del Bari calcio, che hanno evidenziato come i malavitosi avrebbero tentato di pesare anche all’interno dello stadio San Nicola, così come emerso in occasione di concerti musicali di artisti di fama nazionale, come nel caso di Vasco Rossi. L’arsenale? Nascosto tra i loculi del cimitero, perfetti per occultare armi e munizioni: dietro la lapide di un professore morto nel 1962 sono stati ritrovate pistole e proiettili, e una bomba a mano tipo ananas, in grado di far saltare in aria un’abitazione o un negozio.

Sono state inoltre ricostruite le dinamiche dei riti di affiliazione al clan, mutuate dalla camorra campana e poi bloccate dai fratelli Strisciuglio, perché considerate troppo pericolose per la segretezza del clan. Il rito prevedeva che il nuovo arrivato fosse presentato ufficialmente a tutti gli altri affiliati dal padrino, che lo annunciava dicendo: “Questo è il mio ragazzo”. Da qui partiva la carriera all’interno del clan, con i vari gradi: dal battesimo fino al quarto, che permetteva di fondare un proprio clan.

L’affiliazione garantiva economicamente la famiglia dell’appartenente al clan, in caso di arresto. I familiari ricevevano una somma mensile, detta “spartenza”, in modo che il tenore di vita, nonostante il capo fosse in carcere, potesse rimanere comunque molto elevato. Le donne, infine. Il loro ruolo all’interno del clan è stato giudicato fondamentale: figure chiave di messaggere, aggiornavano i capi in carcere sulle dinamiche di affiliazione, riuscendo a fare entrare nelle celle anche la droga.

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