Strage in chiesa, scoperto il sito del killer: “Guerra razziale”

di Redazione

Charleston – “Volevo scatenare una guerra razziale”. Un vero e proprio proclama per la supremazia bianca e decine di foto con armi in pugno o nei luoghi storici delle sconfitte confederate nella guerra civile americana.

E’ quanto appare su un sito registrato a febbraio e che sarebbe riconducibile direttamente a Dylann Roof, il killer di Charleston, in Carolina del Sud, dove ha aperto il fuoco in una chiesa metodista episcopale uccidendo nove persone. Tra le vittime anche il pastore della chiesa teatro della strage, il reverendo Clementa Pinckney, 42 anni, senatore democratico del Senato della Carolina del Sud.

“Voleva la segregazione razziale, temeva che i neri stessero conquistando il mondo: diceva di aver un piano, che lo stava elaborando da sei mesi”, rivela un suo amico, Joey Meek. “Nessuno lo prendeva seriamente, fino all’altra sera”, ha aggiunto.

Secondo quanto raccontato dai sopravvissuti, durante la strage il giovane avrebbe urlato affermazioni di tenore razzista: “Voi stuprate le nostre donne e state prendendo il sopravvento nel nostro Paese e dovete sparire”.

Roof, dopo la sparatoria, si è dato alla fuga ma è stato arrestato in Carolina del Nord. Ancora armato, era fermo a un semaforo rosso a bordo della sua auto. Aperta un’inchiesta per odio razziale. “Proviamo rabbia, angoscia e tristezza. Troppe volte ho dovuto commentare l’uccisione di innocenti perché qualcuno non ha avuto problemi a procurarsi una pistola”, ha commentato il presidente americano Barack Obama.

Originario di Lexington, in South Carolina, Roof sarebbe stato segnalato all’Fbi da suo zio, che lo ha riconosciuto nelle prime foto riprese da una telecamera di sorveglianza e diffuse dalla polizia dopo la strage.

La zona di Charleston di recente è stata al centro di forti tensioni razziali dopo che un poliziotto bianco, Michael Slager, è stato incriminato per sparato e ucciso un uomo di colore, Walter Scott. Scena ripresa con un telefonino e postata sul web.

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