“L’archivio delle anime”. Amleto al Nostos Teatro

di Redazione

Aversa – Quarto appuntamento della rassegna Approdi/2015 al Nostos Teatro di Aversa. Sabato 11 aprile, alle 21, e domenica 12, alle 20, andrà in scena “L’archivio delle anime. Amleto”, una creazione di Massimiliano Donato e Naira Gonzalez, con Massimiliano Donato.

Si parte da Amleto. Il silenzio finale sta per scendere sulla tragica conclusione della sua esistenza. Al di là di Orazio, chi potrà evitare di far scendere l’oblio sulla dirompente complessità di un personaggio che da secoli fa risuonare la contraddittoria fragilità dei pensieri, dell’animo e del sentire umano?

Sarà un becchino ad accollarsi questo compito. Come si legge nelle note che accompagnano lo spettacolo, “una figura dal trucco marcato, pallido di cipria, l’ombretto che marca le occhiaie, con una barba finta di vecchio in un cappotto nero… ohibò il becchino del teatro non può essere che pieno di finzioni. A lui il compito di cancellare le tracce della tragedia, di raccogliere i feticci dei personaggi, di seppellire i loro desideri, i loro pensieri, i loro sogni, di cancellare i segni del loro passare perché la sera dopo li lascino come se non avessero mai percorso quella strada[…] Lui da solo, come burattini nelle mani di un demiurgo compassionevole e ironico, animerà i personaggi, ricordandone le battute. Potrebbero essere quelle o altre, poco importa, bastano a se stesse. Celebrerà lui questo dramma intessuto di domande e di dubbi, di risposte contraddittorie, di lacune che ha un’unica certezza: la morte. Quella dei personaggi ma forse anche quella degli uomini condannati a rivivere sempre uguale il loro destino, presentandoci quel pensiero sincero e crudo che cerca il senso dell’esistenza… ma pensare è un’audacia, un privilegio riservato a Dio soltanto, i cuori degli uomini sussultano s’agghiacciano e spaccano.

A questa tragedia del disincanto non c’è cura o soluzione se non quella per il becchino di vivere in un cimitero fatto di trucchi e artifici in cui forse è ancora possibile lasciarsi incantare. Forse”.

Ho affidato le mie ceneri

al rondone dal petto bianco,

le porta nel becco… come enigmi.

Chi si burla di tutta questa angoscia?

Ferocemente mi sono stretto alle pietre sepolcrali

Cercando un epitaffio,

Cercando un po’ di dignità, un poco di decenza.

L’ho cercata sul promontorio,

Quella roccia che si sporge dalla sua base sulla distesa vasta del mare

Dove l’aria odora come se spirasse da prati appena falciati.

Ho cercato di stanarla frugando con tatto sensibile, sprecando ordini

Con la calma e la pazienza e poi con la pazzia, il delirio,

il sangue in fiamme e la fronte bollente,

Cacciando con furia schiumosa, da demonio più che da uomo.

Sarcastico fino alla fine non sono mai stato di me stesso l’amante.

Come un becchino sdegnoso ho calpestato le ossa bianche dei cadaveri

che scricchiolavano e si spezzavano come conchiglie,

ho menato gomitate contro i miei affetti,

malvagiamente sputacchiando intorno a me,

quella malvagità che sta al principio delle cose.

Dove vanno gli assassini, amore mio più caro?

Arrugginiremo tra l’erba come falci dimenticate

Mentre il rondone che si è precipitato nei burroni più oscuri

è tornato a librarsi in alto e a scomparire nel sole.

IL BECCHINO

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