Degrado al Mercatino Cerlone, protestano i commercianti

di Redazione

Napoli – 36 mila metri quadrati ricavati in un ex centro profughi, con pannelli solari, parcheggi, una chiesa, un campetto e la sede della polizia municipale. Insomma, c’erano tutti i presupposti sette anni fa a Fuorigrotta per realizzare un’area mercatale stabile, quotidiana di grande respiro cittadino. Ma in meno di 10 anni il progetto è miseramente fallito. Infiltrazioni d’acqua causate da una falda sotterranea, incuria, cattiva gestione degli impianti e dei giardini e degrado ambientale, oggi hanno tramutato il “Mercatino Cerlone” in un luogo poco sicuro per commercianti e cittadini e una zona da ristrutturare completamente.

Stamane protesta dei mercatali dopo la chiusura per pericolo di crollo di 15 box. In molti sono stanchi dell’immobilismo delle istituzioni, altri invocano l’intervento del sindaco.

Intanto, il mercato perde esercenti e soldi. In meno di un anno le vendite hanno subito uno stop. Certo colpa della crisi, ma anche delle strutture inadeguate e fatiscenti.

“Secondo gli operatori – raccontano Francesco Emilio Borrelli dei Verdi e Gianni Simioli della ‘Radiazza’ – il centro sta gradualmente chiudendo per i pericoli di crollo. Addirittura il terreno dove è stato realizzato risulterebbe non idoneo ad ospitare il mercato. Insomma un vero disastro. I mercatali presi dallo sconforto e senza alcuna prospettiva stanno organizzando una protesta pubblica per la prossima settimana per sensibilizzare l’amministrazione comunale e l’opinione pubblica su questo disastro che priverebbe centinaia di famiglie del lavoro”.

“A servizio del centro – continuano Borrelli e Simioli – vi è poi un parcheggio a strisce blu, per 200 posti, affidato alla gestione di ‘Napolipark’ con una centrale fotovoltaica che vi è stata insediata. Si tratta infatti del più grande impianto di questo tipo esistente nel Mezzogiorno e sarebbe in grado di produrre ogni anno 200mila kw di energia elettrica, molto più del fabbisogno necessario ad alimentare l’intero complesso. Di conseguenza il funzionamento di questa centrale avrebbe dovuto consentire, oltre a risparmio in termini di consumi energetici ed emissioni di anidride carbonica, un ritorno economico sotto forma di ‘certificati verdi’, per l’energia prodotta, per circa 50mila euro all’anno. Peccato che a noi hanno riferito che tale impianto non sia in funzione e non ci è stato spiegato il perché”.

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