Otto parlamentari di Scelta Civica verso il Pd

di Emma Zampella

Roma- Sono otto i parlamentari di Scelta Civica passati ai gruppi Pd in Senato e alla Camera.

Una possibilità di transito che il premier, Matteo Renzi, nella giornata di giovedì, aveva commentato così: “Ho molto apprezzato il contributo leale arrivato dai senatori di Sc sia sul cammino delle riforme istituzionali ed economiche sia in occasione della elezione del capo dello Stato”. I parlamentari in questione sono Susta, Giannini, Maran, Lanzillotta, Ichino, Buitoni, Tinagli e Calenda. “Accogliamo l’invito di Renzi a un percorso e a un approdo comuni. Per questo aderiamo ai Gruppi del Pd di Senato e Camera, alcuni di noi anche al partito”, scrivono gli esponenti di Scelta Civica.

“Questo invito – si legge ancora – cade nel momento in cui molti di noi hanno definitivamente convenuto sulla crisi del movimento di Scelta Civica, nato nel dicembre 2012 per iniziativa di Mario Monti in funzione delle riforme indispensabili per rimettere in moto il Paese. Mentre per un verso la rinuncia di Mario Monti all’impegno politico in prima linea e l’abbandono del movimento da lui creato ne ha reso inevitabile il rapido esaurimento. Da questo processo è derivato l’allargamento della base sociale ed elettorale del PD di oggi, il quale parla a settori della società che il PD postcomunista di ieri non era in grado di aggregare”.

A rimanere nel partito creato da Mario Monti è invece il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova.  La “mossa” di Renzi punterebbe anche a “sminare” da possibili sorprese il risultato del prossimo congresso di Scelta Civica che si terrà questa domenica. All’assise si prevede possano scontrarsi due diverse mozioni: quella di Benedetto Della Vedova, che dovrebbe essere rivolta a confermare il cammino intrapreso da Scelta Civica, e quella di Enrico Zanetti che preme invece per un rilancio di Scelta Civica in chiave più autonoma. Zanetti, sottosegretario all’Economia, è anche colui che ha segnalato per primo la ‘comparsà della norma del 3%, poi ribattezzata salva-Berlusconi, nel decreto fiscale.

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