Napoli, malasanità: paziente muore di freddo

di Stefania Arpaia

Napoli – Aperta un’inchiesta dalla Procura di Napoli in seguito alla morte di un paziente presso l’ospedale San Giovanni Bosco.

“Mio figlio è morto per una notte di freddo in ospedale” ha denunciato il padre della vittima, Vincenzo Biancolino, che ha evidenziato il caso di malasanità e pretende giustizia.

L’uomo, 35 anni, sarebbe stato ricoverato per bronchite ma a causa della mancanza di posti letto nel nasocomio troppo affollato, sarebbe stato lasciato su una barella nei pressi di una finestra con i vetri rotti dalla quale entrava acqua e vento, di certo non buoni per la salute del malato.

Dopo 72 ore al freddo, Ernesto è morto per un pneumotorace spontaneo, complicanza respiratoria legata alla sindrome influenzale che soffriva.

Il 35enne aveva accusato i primi malori lo scorso lunedì, e impaurito per l’affanno si era recato al pronto soccorso dove gli venne diagnosticata una “lieve bronchite che non ha bisogno di ricovero”.

Rientrato a casa, però l’uomo continuava a stare male e alle 22 di lunedì sera fu riportato nuovamente al San Giovanni Bosco.

“Il medico di turno controllò la cartella della mattina e ci disse che non c’era posto – ha detto Vincenzo – e che se voleva, poteva restare su una barella oppure accettare il trasferimento in altro ospedale. Mio figlio decise di rimanere lì”.

Furono le condizioni in cui Ernesto si trovò a spingere il padre ad allertare una pattuglia dei carabinieri. 

In base al racconto del 64enne, oltre alla finestra rotta, nel luogo di ricovero del figlio vi era anche un apparecchio dell’aria condizionata malfunzionante che invece di diffondere aria calda, emetteva aria gelida.

Con l’intervento dei militari dell’Arma, Ernesto fu spostato ma le sue condizioni, ormai peggiorate, lo hanno condotto alla morte il martedì seguente.

Sequestrata la cartella clinica del paziente e predisposta l’autopsia. Presente un filmato girato dalla famiglia della vittima che testimonierebbe le condizioni critiche dell’ospedale.

I medici: “I polmoni erano già compromessi”.

Identificati il chirurgo, i rianimatori e l’internista coinvolti nelle cure e nell’assistenza della vittima.

 

 

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