Da 7 miliardi preventivati a 15 stimati: l’Italia paga la Tav

di Gabriella Ronza

Il vertice Italia-Francia del 24 febbraio ha dato il via libera alla realizzazione della linea ad Alta velocità tra Torino e Lione (Tav). “Un passaggio importante”, ha commentato il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Francois Hollande, invece, ha sottolineato: “Non c’è più alcun freno”.

A fronte della progettazione definitiva della linea, già a partire dagli anni ‘90 sono nati numerosissimi movimenti di protesta italiani “No Tav”. Questi polemizzano su: una gestione ritenuta inadeguata dei beni comuni, della spesa pubblica, del territorio e della politica.

Ultimamente, lo scrittore Erri De Luca, facente parte del movimento, è stato oggetto di una denuncia da parte della Ltf (la ditta costruttrice della linea) per istigazione a delinquere, a seguito delle dichiarazioni rese all’Huffington Post Italia e all’Ansa. De Luca aveva affermato: “La Tav va sabotata”. Il 14 gennaio scorso è uscito in Italia e in Francia un piccolo libretto di 64 pagine intitolato “La parola contraria”, edito da Feltrinelli. Questo rappresenta la “pubblica difesa” del noto scrittore.

Il No Tav polemizza in particolar modo sui costi. Ingegneri, studiosi, professori e scienziati vicini al movimento hanno provato a ricostruire il budget dell’opera. Secondo i loro calcoli, lo sviluppo dell’intera tratta ha un costo complessivo di 26 miliardi e 615 milioni di euro. Il dato è stato ottenuto sommando l’investimento preventivo per la realizzazione delle tre tratte in cui è suddivisa la Nuova Linea Ferroviaria Torino – Lione (Nltl).

Lo scorso 8 agosto, Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) ha corretto il costo della tratta internazionale nel nuovo contratto di programma con il ministero delle Infrastrutture, portandolo da 8,8 miliardi a 12.

Mario Virano (Commissario dell’opera che presiede l’Osservatorio sulla Torno – Lione) ha però affermato in difesa che “il valore indicato dalle Ferrovie è sovrastimato, perché il costo del denaro è oggi molto più basso”.

Va ricordato, inoltre, che le spese totali sono ripartite secondo le percentuali stabilite dall’Accordo sull’alta velocità, che prevede il pagamento del 57,9% dell’opera a carico dell’Italia e del 42,1% a carico della Francia. Alla luce di ciò, si ottiene nel peggiore dei casi, ossia con un finanziamento europeo pari a zero, una spesa di circa 6 miliardi di euro per l’Italia e di circa 5 per la Francia. Se il contributo europeo fosse, invece, massimo, l’Italia spenderebbe quasi 4,2 miliardi di euro, contro i 3,025 della Francia.

I dubbi sull’entità dell’eventuale contributo europeo sono però altissimi. Il nodo cruciale della questione è che entro il 26 febbraio 2015 la Ltf è tenuta a presentare alla commissione europea la richiesta di finanziamento per la tratta, che si stima essere intorno ai 1,2 miliardi. Entro quella data, un soggetto terzo avrebbe dovuto esprimere il proprio parere sui costi preventivati dalla società. Ad assumere questo ruolo è stato il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica).

Secondo alcuni estimatori, che si sono espressi però prima degli ultimi avvenimenti e dell’approvazione del Cipe, come riporta il mensile “Altreconomia”, l’Italia potrebbe essere costretta ad ammettere una spesa pubblica di gran lunga superiore a quella preventivata: 15 miliardi di euro invece di 7.

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