Estorsioni e armi, in carcere la moglie del boss Menditti

di Redazione

 Recale. Gli agenti della squadra mobile di Caserta, diretta dal vicequestore Alessandro Tocco, ha tratto in arresto Carmela Merola, di 34 anni, di Recale, moglie di Alessandro Menditti, reggente dell’omonimo gruppo legato al clan camorristico dei Belforte, …

… in esecuzione di ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Corte d’Appello di Napoli. La donna deve espiare una condanna definitiva di sei anni e sette mesi di reclusione per concorso in estorsione aggravata, detenzione di armi da sparo, ricettazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, reati tutti aggravati dal fine di agevolare l’organizzazione camorristica dei “Belforte” operante a Marcianise e comuni limitrofi.

La donna è stata condannata per i fatti da cui era scaturita l’ordinanza di custodia cautelare eseguita, sempre dalla squadra mobile di Caserta, a suo carico il 19 dicembre del 2011. All’epoca, a conclusione di una prolungata ed articolata indagine coordinata dalla Procura Antimafia di Napoli, denominata “Operazione Mangusta”, i poliziotti eseguirono 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del tribunale partenopeo su richiesta della Dda partenopea, in relazione ai reati di estorsione continuata, aggravata dalla metodologia mafiosa, detenzione e porto illegale di armi, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, nei confronti delle persone, organiche al clan Belforte – gruppo Menditti.

La misura cautelare costituiva l’epilogo di una vasta e prolungata attività investigativa, anche di carattere tecnico, condotta nei confronti di un agguerrito clan di camorra attivo nel comprensorio di Caserta, Marcianise e comuni limitrofi al capoluogo, i “Menditti” di Recale, prima alleati dei Piccolo (“Quaqquaroni”) e poi dell’opposta consorteria dei Belforte (“Mazzacane”), egemoni in quel comprensorio, allorchè le sorti della sanguinosa faida, che nel corso degli anni ‘90 contrappose le due organizzazione, si volsero in favore di quest’ultima.

In particolare, le indagini della Squadra Mobile, condotte sotto l’egida della Procura Antimafia di Napoli, avevano evidenziato pericolosità dei Menditti, confermata dall’accertamento di numerosi episodi estorsivi, realizzati negli ultimi mesi, in danno di cantieri edili e ditte che installano video giochi, dagli emissari e dagli stessi reggenti del gruppo criminale, guidato dai fratelli Alessandro e Fabrizio Menditti, figli di Francesco, storico capo clan, deceduto per cause naturali lo scorso 2010.

L’indagine aveva dimostrato la prepotente ascesa del clan Menditti – venuto alla ribalta anche a seguito dell’indebolimento del cartello criminale dei Belforte, decapitato da diverse operazioni di polizia giudiziaria e dalla scelta di collaborare con la giustizia di esponenti di rilievo.

Inoltre, era stato evidenziato il coinvolgimento del gruppo criminale in attività criminose concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, di cui si approvvigionava da affiliati al clan Belforte, quali Fulvio Della Ventura, 32 anni, ed in materia di armi. Al riguardo, nel corso dell’indagine erano stati acquisiti importanti riscontri attraverso il sequestro di cinque pistole, con matricole abrase, due caricatori calibro 9, una canna di fucile calibro 12 con matricola punzonata e centinaia di munizioni, anche da guerra, nonché di 500 grammi di hashish.

Peraltro, venne accertato anche il pieno coinvolgimento nelle attività criminali del clan di Carmela Merola e di Anna Braccio, mogli, rispettivamente, di Alessandro Menditti e Fabrizio Menditti, con ruoli nella raccolta delle estorsioni e nella custodia di armi e droga nella disponibilità dell’organizzazione, come dimostrato dall’arresto in flagranza di reato, operato dalla squadra mobile il 20 aprile 2007, dei coniugi Francesco Manfra, 43 anni, e Anna Sacco, di 39, nella cui abitazione, a Recale, a poche decine di metri di quella dei Menditti, erano stati sequestrati due borsoni contenenti due pistole semi automatiche, una Beretta 98 FS calibro 9×21 con matricola abrasa, ed una Tokarev calibro 7×62 clandestina, munite di caricatori e relativo munizionamento, oltre a cinque panetti di hashish per un peso complessivo di 550 grammi, che erano stati loro affidati proprio dalle consorti dei due capi clan.

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