Fisco, frode da 45 milioni grazie a società di facchinaggio: 8 indagati

di Redazione

 Roma. Una frode da 50 milioni di euro realizzata grazie a cooperative di facchinaggio e società “apri e chiudi”, con vita media di quattro anni, con sede in Gran Bretagna, omettendo il versamento di imposte e contributi previdenziali.

Otto persone sono state indagate dalla Guardia di Finanza di Roma al termine di un’indagine, durata due anni, che ha portato anche al sequestro di società e beni immobili, per un valore di 22 milioni di euro, in Campania, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Veneto. Le accuse sono di frode fiscale, riciclaggio, appropriazione indebita, distruzione delle scritture contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Al vertice dell’organizzazione quattro campani, amministratori di aziende di rilevanti dimensioni con appalti su tutto il territorio nazionale per la fornitura di manodopera (facchini, operai, call center, eccetera), arrivati a gestire più oltre duemila dipendenti. Avvalendosi di teste di legno, il sodalizio criminale creava cooperative e srl, fatturando regolarmente i ricavi, molto elevati, ma senza versare qualsiasi tipo di imposta (contributi Inps, Iva, Ires, Irap e altri oneri sociali), frodando sia il Fisco che i lavoratori. Dei 50 milioni accertati, sono 4, infatti, quelli riguardanti l’omesso versamento dei contributi ai dipendenti, investiti, invece, nell’acquisto di decine di terreni, immobili di pregio, auto di lusso e yacht fra le cinque regioni italiane.

Beni intestati a prestanome ma, di fatto, acquistati tramite assegni circolari emessi dalle società coinvolte nella truffa. Un sistema, quello creato dagli indagati, in grado di sbaragliare la concorrenza grazie a prezzi altamente competitivi, inferiori alla media di settore.

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