Camorra, Setola cambia idea: “Non mi pento più”

di Redazione

 Caserta. “Mi pento o non mi pento? Non mi pento!”. Termina di sfogliare la sua “margherita” il boss Giuseppe Setola e annuncia in aula di non voler più collaborare con la giustizia.

Durante l’udienza del processo sul duplice omicidio Pecchia-Orabona, l’ex leader dell’ala stragista del clan dei casalesi ha revocato il mandato all’avvocato Rachele Merola, iscritta nel registro della Dda per i difensori dei pentiti, e nominato l’avvocato Alessandro Diana, il quale ha però rifiutato l’incarico. L’ennesimo cambio di difensore per Setola che solo qualche settimana fa, sempre nel corso di un’udienza a Santa Maria Capua Vetere, aveva manifestato la disponibilità a collaborazione con i magistrati.

Una storia, questa del pentimento di Setola, che presentava lacune sin dall’inizio, soprattutto per la scarsa convinzione manifestata dal boss e i contrasti sorti all’interno della stessa Procura. Durante l’udienza di mercoledì 8 ottobre,Setola dichiarò: “Ho deciso di collaborare, il pmMilitavenga da me già da stasera”, invocando anche immediata protezione, soprattutto per i suoi familiari: “Salvate la mia famiglia, altrimenti iBidognettili uccidono”.In videoconferenza, da un altro penitenziario, era collegato anche il suo ex scudieroGiovanni Letizia, al quale diceva: “Giovà, lo so che non sei d’accordo, ma la malavita è finita”. E confessava la verità anchesui presunti problemi di vista, che ha sempre lamentato nonostante le diffidenze degli inquirenti: “Io ci vedo benissimo, mandatemi a prendere. Mi dispiace per Casal di Principe”.

Appena una settimana prima, il boss aveva fatto le prime ammissioni in aula: “Sono colpevole dell’omicidio Noviello ma non mi pento, – aveva detto – ho ammazzato 46 persone, tra cuiTavolettaeAntonio Diana. E anche un siciliano per il cui delitto sono stato assolto”.Spiegava cosìle ragioni della sua scelta di non pentirsi: “Stavo facendo la scelta collaborativa ma sono tornato indietro altrimenti avrei dovuto accusare tutta Casal di Principe e mia figlia non sarebbe più potuta andare a scuola a Casale”.

Poi il dietrofront il mercoledì successivo. Qualche giorno dopo, il 13 ottobre, durante il processo per l’omicidio dell’imprenditoreDomenico Noviello,nel quale è imputato, chiamava in causa addirittura Giovanni Paolo II: “Ho deciso di collaborare con la giustizia per dare una svolta alla mia vita e alla mia famiglia. – diceva Setola nella deposizione – Inoltre, ho sognatoPapa Wojtylache mi ha detto ‘pentiti’”.

Il 30 ottobre, sempre durante un’udienza del processo Noviello, Setola riferiva addirittura di essere stato “trasferito in località protetta”. Ma in serata arrivava la smentita del procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo: “Setola non è stato affatto scarcerato, quindi non ha abbandonato la sua posizione di detenuto. Si tratta di una notizia assolutamente infondata, frutto evidentemente di un’espressione non chiara usata dallo stesso imputato collegato in mattinata in videoconferenza, durante un processo in corso a Santa Maria Capua Vetere”.

Un clamore, soprattutto mediatico, attorno al boss, già condannato a 7 ergastoli, che provocava le reazioni dei familiari di Noviello. “Sono qui a testimoniare che non deve passare il messaggio che con scuse e pentimenti annunciati si possono cancellare 46 vite. Finiamola con il Setola show, il protagonista non deve essere lui”, affermava Mimma Noviello, figlia dell’imprenditore assassinato a Castel Volturno.

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