La pizza napoletana candidata a Patrimonio dell’Umanità

di Redazione

 Napoli. Stop a pizza con “Pomarola” del Brasile, olio “Pompeian” Usa e “Zottarella” tedesca. Il percorso che porterà, si spera, a inserire “l’arte della pizza napoletana” nella lista Unesco dei patrimoni immateriali dell’Umanità per tutelarne così l’identità, inizia oggi a Cernobbio con una raccolta firme.

L’iniziativa è della Coldiretti, ed è stata presentata nell’ambito del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione. L’obiettivo è sostenere l’iscrizione nella prestigiosa lista della pizza partenopea e anche per fare definitivamente chiarezza sull’origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione per garantire le condizioni igienico e sanitarie ottimali.

“La pizza napoletana – sottolinea la Coldiretti – dal 4 febbraio 2010 è stata ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea, ma ora l’obiettivo è quello di arrivare ad un riconoscimento internazionale di fronte al moltiplicarsi di atti di pirateria alimentare e di appropriazione indebita dell’identità”.

L’adesione della Coldiretti alla campagna, va di pari passo con la petizione lanciata sulla piattaforma Change.org insieme all’Associazione Pizzaioli Napoletani e alla fondazione UniVerde dell’ex ministro dell’Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, per garantire pizze realizzate a regola d’arte con prodotti genuini e provenienti esclusivamente dall’agricoltura italiana e combattere anche l’agropirateria internazionale. Il rischio di pizze ‘taroccate’ esiste non solo all’estero ma anche in Italia, dove quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.

“Troppo spesso viene servito un prodotto preparato – spiega la Coldiretti – con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall’est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di semi al posto dell’extravergine italiano”.

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E i numeri parlano chiaro. In Italia sono stati importati nel 2013 – spiega la Coldiretti – ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all’aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014. Un fiume di materia prima che, sottolinea la Coldiretti, ha compromesso notevolmente l’originalità tricolore del prodotto servito nelle 50mila pizzerie presenti in Italia che generano un fatturato stimato di 10 miliardi.

“Il riconoscimento dell’Unesco avrebbe un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.

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