Abusi all’Opg, Ferraro si difende: “Davo fastidio a qualcuno”

di Nicola Rosselli

Adolfo FerraroAversa. “Ho sempre creduto nella giustizia e, quindi, non posso che aspettare serafico la conclusione di questa vicenda”.

Sono queste le prime parole dell’ex direttore dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa ‘Filippo Saporito’, il dottor Adolfo Ferraro, nel commentare il suo rinvio a giudizio per il presunto abuso del letto di contenzione per la cura dei pazienti del particolare nosocomio. Un Ferraro che non ha assolutamente abbandonato la sua attività che è quasi un amissione ideologica.

Il cordone ombelicale con la città normanna non si è mai interrotto tanto che in occasione della presentazione della sua ultima fatica editoriale, nel prossimo mese di novembre, ci sarà, al Pan di Napoli, a via dei Mille, una mostra fotografica dedicata, guarda caso, all’ospedale – carcere aversano dove Ferraro è stato presente per oltre trent’anni, dapprima come vice e, successivamente, come direttore, trasformandolo da luogo di pena, tetro e oscuro in luogo aperto alla città, al dibattito culturale sul tema specifico della psichiatria.

Come spiega questo episodio? “Vorrei innanzitutto evidenziare che non sono mai stato destinatario di denunzie da parte di pazienti né il magistrato di sorveglianza o l’associazione ‘Antigone’ (entrambi presenti presso il Saporito). Una circostanza da non sottovalutare. Inoltre, i fatti in questione riguardano un arco di tempo che va dal 2008 al 2011, proprio quando il sottoscritto, con il passaggio della struttura all’Asl, non aveva alcun ruolo dirigenziale all’interno della struttura aversana. Di conseguenza non mi spiego tutto questo”.

Non se lo spiega proprio? “Forse una spiegazione c’è e spiegherebbe anche tutto questa pubblicità, tutto questo clamore intorno ad una vicenda che non sarebbe dovuta mai nascere”.

Cioè? Può essere più chiaro? “E’ un episodio che posso spiegare in un solo modo: le mie dichiarazioni all’epoca, le mie prese di posizione sulle condizioni strutturali del Saporito, i malati abbandonati all’interno del nosocomio solo perché non c’erano strutture esterne pronte ad accoglierli, evidentemente davano fastidio a qualcuno, io davo fastidio a qualcuno, per cui si è cercato di trovare un modo che mi mettesse fuori gioco”.

Ma questi letti di contenzione? “Guardi, chi mi conosce, chi ha seguito il mio iter professionale sa bene che sono stato io, per convincimento personale, a ridurre il numero di questi letti e, soprattutto, l’utilizzo al minimo sino a farli scomparire del tutto dalla struttura ospedaliera. Un’accusa, quindi, che non ha alcun fondamento. Ma accetto con serenità che la giustizia faccia il suo corso. Altro non posso fare”.

In conclusione? “Il mio periodo presso il Saporito è stato contrassegnato da una costante: ho fatto di tutto per aprire le porte dell’ospedale psichiatrico, che era anche carcere, al mondo esterno. Abbiamo portato i pazienti a teatro e li abbiamo anche fatti recitare. Ci sono stati decine di convegni. Il Saporito si è trasformato in un centro di interesse e non era più considerato quel luogo oscuro e misterioso che eravamo abituati a vedere. Altro che letti di contenzione che, ripeto, ho fatto di tutto prima per ridurli e poi per eliminarli definitivamente”.

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