“Why Not”: un anno a De Magistris e a Genchi

di Redazione

 Roma. Un anno e tre mesi di reclusione ciascuno, con sospensione condizionale della pena e non menzione sul casellario giudiziale: è la condanna che la decima sezione penale del tribunale di Roma ha inflitto all’ex pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, attuale sindaco di Napoli, …

… e al consulente informatico Gioacchino Genchi, accusati di concorso in abuso d’ufficio per aver acquisito illegittimamente, nell’ambito dell’inchiesta calabrese”Why Not”i tabulati telefonici di alcuni parlamentari senza la necessaria autorizzazione delle Camere di appartenenza.

Per la procura, de Magistris ebbe il solo torto di concedere nel 2007 carta bianca a Genchi, il cui incarico era finalizzato a portare alla luce il giro di relazioni e rapporti desumibili dalla rubrica telefonica (che conteneva migliaia di numeri) riconducibile all’imprenditore Antonio Saladino, al centro dell’inchiesta “Why Not”.

“In questo modo – aveva detto in sede di requisitoria il pm Felici – de Magistris si è di fatto consegnato allo stesso Genchi al punto che il consulente tecnico è andato oltre il suo ruolo e si è trasformato in investigatore (essendo pure un funzionario della polizia di Stato), disponendo i decreti di acquisizione di atti che il pm firmava con non troppa attenzione. E Genchi, che da 15 anni faceva questo lavoro, non poteva non sapere che occorresse un via libera del Parlamento per indagare sulle utenze di politici, come Prodi, Mastella, Rutelli, Minniti, Gentile, Gozzi e Pittelli“.

Secondo il pubblico ministero, “Genchi, negli anni, si era costruito un database pieno di informazioni, creando un bagaglio di conoscenze enorme, sapeva vita, morte e miracoli dei politici, le loro abitudini. Ma al di là di quell’agenda telefonica di Saladino non c’era alcun altro indizio che giustificasse il coinvolgimento di parlamentari”.

La conclusione, per il rappresentante della accusa, era una sola: “Tutta l’operazione di acquisizione illecita dei tabulati è stata condotta e gestita da Genchi, complice anche la scarsa attenzione del pm, perchè era lui l’effettivo ‘dominus dell’indaginè, era lui a raccogliere dati e informazioni, era lui a selezionare e a valutare ciò che poteva essere utile all’inchiesta “Why Not”.

De Magistris, probabilmente, non sapeva del coinvolgimento di parlamentari nè era consapevole che il suo consulente ci stesse lavorando sopra”. Una conclusione, però, che non ha trovato d’accordo il tribunale che nelle motivazioni spiegherà il perchè della condanna inflitta anche all’attuale sindaco di Napoli.

Il commento di De Magistris. “La mia vita è sconvolta, ho subito la peggiore delle ingiustizie. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato”. Così Luigi de Magistris dopo la condanna per Why Not.

“In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici. Non avendo commesso alcun reato, ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo e inaccettabile errore giudiziario”, sottolinea ancora de Magistris.

“La mia vita è sconvolta e sento di aver subito la peggiore delle ingiustizie, ma non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato. Rifarei tutto, ho giurato sulla Costituzione ed ho sempre pensato che un magistrato abbia il dovere di indagare ad ogni livello, anche quello che riguarda la politica. Oggi, con questa sentenza, di fatto, mi viene detto che non avrei dovuto indagare su alcuni pezzi di Stato, che avrei dovuto fermarmi. Rifarei tutto, perchè ho agito con coscienza e rispettando solo la Costituzione. Vado avanti con onestà e rettitudine, principi che hanno sempre animato la mia vita e che una sentenza così ingiusta non può minimamente minare. La Giustizia è più forte della legalità formale intrisa di ingiustizia profonda”, conclude il sindaco di Napoli.

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