Ospedale, pazienti sistemati nei corridoi in barella

di Antonio Arduino

 Aversa. Emergenza barelle al “Moscati”. Accade nell’Unità operativa di medicina dove sono presenti pazienti barellati collocati nel lungo corridoio che mette in comunicazione il reparto con il pronto soccorso, rappresentando un tutt’uno con un servizio che garantisce assistenza anche a 300 utenti ogni giorno.

Pazienti sistemati in barelle più o meno scomode in attesa di essere trasferiti presso altri ospedali con posti letto liberi o smistati presso altri reparti. Era quanto scrivevamonel novembre 2011 per segnalare la condizione di emergenza assistenziale dell’unità operativa denunciata dai parenti dei pazienti che lamentavano la lunga degenza dei familiari, costretti alle scomode barelle anche per giorni, in attesa di sistemazione, con la conseguente perdita di dignità dovuta alla mancanza di riservatezza ogni qualvolta necessitavano di assistenza materiale per ordinarie o straordinarie operazioni di pulizia personale, cambio di cateteri e pannoloni. Una condizione di perdita della dignità e di difficoltà di garantire assistenza denunciata, con richiesta di anonimato, anche dagli operatori del reparto.

Tre anni dopo la situazione è cambiata, ma in peggio. “Se prima la presenza di pazienti in barella era un fatto occasionale adesso non c’è giorno – dice un addetto ai lavori – che non si contino una decina di barelle sistemate alla meglio all’interno del corridoio. Venerdì ce ne erano 11 e lunedì addirittura 13”. Un numero di barelle che ha portato a 45 il totale dei pazienti da assistere per il personale medico e paramedico dell’unità operativa che ai 28 posti letto delle stanze ha aggiunto stabilmente quattro posti letto ricavati nello spazio originariamente destinato ad ospitare i parenti durante l’orario di visita. Quattro posti letto realizzati inizialmente in via provvisoria, diventati definitivi che portano il totale ufficiale a 32. Posti letto aggiuntivi in cui la riservatezza dovrebbe essere assicurata dalla presenza di un paravento.

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Tutti gli altri ricoverati in barella vengono sistemati lungo il corridoio, ovunque ci sia uno spazio disponibile, senza alcun tipo di riparo, creando una condizione da ospedale da campo bellico. Ed è esattamente una guerra quella a cui deve far fronte il personale del pronto soccorso e della medicina interna che garantisce assistenza a centinaia di utenti ogni giorno, anche a prezzo di grossi sacrifici personali, in termini lavorativi. Sacrifici perché è evidente che un organico destinato ad assicurare il giusto livello assistenziale a 28 ammalati deve raddoppiare l’impegno per provvedere ad un numero di ricoverati quasi doppio, cosicché è normale che ci sia chi si lamenta con medici e paramedici arrivando anche ad eccessi da cronaca nera.

Una condizione che mentre non viene risolta con l’arrivo di nuovo personale, per il perdurare del blocco delle assunzioni attivato in Campania, tende fisiologicamente peggiorare per il progressivo pensionamento del personale che, relativamente a quello medico, ha raggiunto e superato ampiamente i 60 anni di età. Un’età gravata fisiologicamente da malattie certificate a medici e paramedici che, per le limitazioni imposte dalle singole patologie, vengono esonerati dal lavoro notturno cosicché c’è difficoltà a coprire i turni di servizio. Tutto questo è noto alla direzione aziendale, ai vertici sindacali delle varie sigle ed è noto al presidente della Regione Campania per le molteplici segnalazioni arrivate all’assessorato competente, finalizzate a risolvere una emergenza palesemente incostituzionale se davvero la salute è un diritto da tutelare.

Per risolverla basterebbe consentire assunzioni quanto meno per i settori di emergenza-urgenza, qual è l’unità operativa di medicina del Moscati che accorpa anche la medicina d’urgenza. Si garantirebbe anche la sicurezza degli operatori e l’ordine pubblico messo a rischio dalle tante, troppe intemperanze dell’utenza registrate soprattutto nel pronto soccorso. Invece, nel nome di un presunto risparmio della spesa pubblica, si vuole garantire assistenza senza disporre di mezzi e personale adeguati favorendo, in maniera indiretta, la crescita della spesa nel settore privato convenzionato che è sempre a carico del pubblico, perché chi paga è sempre lo Stato.

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