I Cesaro e l’area Texas

di Nicola Rosselli

 Aversa. Costruzioni e non solo. Le attività imprenditoriali della famiglia Cesaro in provincia di Caserta sono molteplici e si concentrano soprattutto nell’agro aversano.

Oltre all’oramai famigerato Pip di Lusciano, c’è la proprietà, ad oggi non interessata da indagini, ad Aversa dell’area che ha ospitato lo stabilimento della multinazionale statunitense Texas Instruments, con i suoi 52mila metri quadrati tra stabilimento e terreno di proprietà di una delle aziende di famiglia. Un’area che per gli strumenti urbanistici vigenti continua ad essere a destinazione industriale.

Acquistata in compartecipazione con un importante costruttore aversano che ha, successivamente, ceduto la propria quota agli stessi Cesaro. Area che, secondo il pentito dei Casalesi Gaetano Vassallo, sarebbe stata acquistata dalla famiglia Cesaro solo dopo il benestare del clan di Francesco Bidognetti. Quel che è certo è che i Cesaro la acquistano nel 2004 da Ilario Ferruccio Floresta, in quel momento deputato di Forza Italia.

Floresta era presidente del Cda della Unicom spa, società proprietaria del terreno e dello stabilimento, e del Cda della Yorik di Bologna, la società immobiliare acquirente; in una situazione, dunque, di palese conflitto di interessi, così come Sergio Vicari, ex manager di vertice della Texas Instruments, in quel momento amministratore delegato della Unicom e azionista e membro del cda della Yorik.

I vari passaggi della compravendita furono seguiti dallo studio bolognese del commercialista Piero Gnudi, successivamente ministro dello Sport nel governo Monti, presso il cui studio la Yorik era stata creata.Una storia (alla quale i Cesaro sono estranei) questa della dismissione della Texas che è stata anche oggetto di un’indagine delle fiamme gialle di Caserta.

Erano in molti, soprattutto tra i dipendenti, a sottolineare che quell’area era stata ceduta dallo Stato gratuitamente per consentire l’insediamento industriale negli anni ’50 e che, terminata quell’esperienza, l’area dovesse tornare pubblica.

Quella stessa area la multinazionale americana aveva lasciato nel 1998 e sul cui rilancio produttivo lo Stato aveva investito, senza alcun risultato, oltre venti miliardi di lire, andati praticamente perduti.Su quel suolo, strategico, oramai inglobato nella città, a pochissimi passi dalla stazione dalla fermata Aversa Ippodromo della metropolitana regionale, si sono giocati in questi ultimi anni anche scalate politiche e professionali.

Non a caso un dirigente dell’ufficio urbanistica del comune di Aversa fu costretto, ad esempio, a dimettersi dopo che si era cercato di far passare la richiesta di un mega centro commerciale praticamente in città. Un altro tentativo, risalente a tempi recenti, al 2011, prevedeva un piano di housing sociale, ossia abitazioni per i non abbienti, con fitto a prezzo concordato, ma anche locali commerciali e uffici.

Negli anni il sito è stato indicato anche come sede della Facoltà di Ingegneriadella Seconda Università degli Studi di Napoli e, in ultimo, è stata chiesta autorizzazione per la realizzazione di poco più di una trentina di piccoli opifici con annesso alloggio per custode o titolare, oltre a spazi comuni quali mensa, sala riunioni e così via. Dopo tantissime carte, sedute di consiglio comunale ad hoc e tante chiacchiere, il sito è stato ridotto ad una discarica, tanto che l’attuale amministrazione comunale è stata costretta ad emanare un’ordinanza con la quale ha ingiunto edottenuto la pulizia dell’area.

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