Pizzo a commercianti: in carcere affiliato al gruppo Setola

di Redazione

 Villa Literno. Gli agenti della squadra mobile di Caserta, diretti dal vicequestore Alessandro Tocco, hanno tratto in arresto Roberto Zampella, 38enne di Villa Literno, che deve scontare cinque anni e undici mesi di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso e altri reati.

Il procedimento rappresenta l’epilogo di una attività di indagine che portò all’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare contro la fazione Bidognetti del clan dei casalesi. L’attivitià investigativa, coordinata dalla Dda di Napoli (sostituto procuratore Cesare Sirignano), aveva permesso di disarticolare la “frangia liternese” del gruppo Bidognetti, svelando una serie impressionante di estorsioni praticate in modo capillare e sistematico sul litorale domitio e nel comprensorio di Villa Literno.

Venivano, individuate decine di aziende, dei settori più disparati – caseifici, pescherie, allevamenti ittici, depositi di fuochi d’artificio, imprese di costruzioni, rivendite di materiale edile, panifici, ditte di autotrasporto, rivendite di prodotti ortofrutticoli, distributori di carburante – vessate dalle pretese estorsive dei casalesi.

Gli indagati erano tutti gravemente indiziati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione continuata: Giuseppe Setola, il boss dell’ala stragista del clan; Vincenzo Catena, alias “‘O Scimmione”, 29 anni; Esterino Antonucci, alias “Rino Biscotto”, 40; Carlo Di Raffaele, 36; Michele Di Fratta, alias “Michelone”, 37; e lo stesso Roberto Zampella, alias “‘O Pucino”.

Le indagini avevano inizio nel dicembre 2008 quando, nel corso di un normale controllo, una pattuglia della polizia sequestrava a Vincenzo Catena, ritenuto organico al clan, due fogli manoscritti sui quali, scritta a mano, era riportata una lunga lista delle denominazioni di oltre trenta aziende, a fianco di ciascuna delle quali era indicata una cifra che, come accertato in seguito, corrispondeva al rateo estorsivo versato o da versare.

Dopo poche settimane, lo stesso Catena veniva colpito da un provvedimento di fermo per tentata estorsione aggravata, a seguito delle indagini condotte dalla squadra mobile sulle aggressione subite, in due momenti diversi, da un dipendente, ritenuto poco sollecito a riferire al suo datore di lavoro le “ambasciate” dei camorristi, e dal titolare di un deposito di fuochi di artificio di Villa Literno, che si era rifiutato di pagare per le difficoltà economiche in cui versava e anch’egli inserito nella lista sequestrata.

La squadra mobile, in seguito, appurava che gli esattori del clan si presentavano alle loro vittime in nome e per conto del boss Setola, pretendendo “per gli amici” somme variabili dai 1000/1500 ai 10mila euro, secondo il giro d’affari e la floridezza economica delle aziende, e che i ratei estorsivi dovevano essere versati alle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto.

Il 50% delle somme incassate, poi, doveva essere consegnato a Setola, allora latitante e oggi in carcere al 41bis, anch’egli destinatario di uno dei provvedimenti restrittivi eseguiti dalla polizia, mentre la metà residua veniva utilizzata per gli stipendi degli affiliati del gruppo locale.

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