Disastro ambientale, sequestrata la Cava Monti: tre avvisi di garanzia

di Redazione

 Maddaloni. I carabinieri della compagnia di Maddaloni, martedì mattina, hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo dell’area della ex cava tufacea, denominata “cava Monti”, a Maddaloni.

Sequestrati anche quaranta pozzi siti in un raggio di circa 500 metri dal margine esterno della cava, per un’area, estesa in territorio di Maddaloni e di San Marco Evangelista, pari complessivamente a 61 ettari di terreno.

Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura della Repubblica, in relazione ai reati di disastro ambientale e inquinamento delle acque.

II sequestro è stato disposto a seguito di un’intensa ed efficace attività d’indagine iniziata nel novembre 2013 – coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e svolta dai carabinieri di Maddaloni con l’ausilio del Corpo Forestale dello Stato.

Le investigazioni si sono giovate delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e delle testimonianze assunte da persone informate sui fatti ma anche dei risultati di intercettazioni nonché dell’acquisizione di cospicua documentazione, anche risalente nel tempo, e soprattutto degli esiti di una corposa consulenza tecnica, espletata dal geologo Giovanni Balestri.

La consulenza, basata a sua volta sulle risultanze di una mirata attività di carotaggio e delle conseguenti analisi del terreno e della falda acquifera, ha consentito di accertare:

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la presenza nella cava, a notevole profondità e molto vicino alla falda freatica, di rifiuti, anche speciali pericolosi, per circa 300mila tonnellate, “tombali” nell’invaso negli anni ’80 e ’90, come si evince anche dalla sequenza di foto aeree dell’Istituto geografico militare italiano di Firenze;

il riversamento direttamente in falda di percolato, originato dal corpo di riempimento della cava (percolato prodottosi dentro l’invaso e calcolabile, secondo una stima teorica e con riferimento solo a quello riversatosi dal 1990 a oggi, in 30.480 tonnellate);

la conseguente contaminazione della falda acquifera sottostante alla cava: in particolare, si è accertata la presenza di arsenico (in concentrazioni superiori a quelle normativamente previste), ma soprattutto di metalli pesanti e, in particolare, di manganese (in concentrazioni altissime, pari a 260 volte il valore soglia previsto dalla normativa);

il rischio di contaminazione continuativa, ove non si ponga rimedio alla presenza dei rifiuti interrati e del percolato prodottosi e che tuttora si produce (con attuale pericolo che esso possa sfuggire, se non estratto, sia lateralmente sia alla base dell’invaso);

la necessità di estrarre il percolato e di isolare le matrici ambientali circostanti, in relazione alle quali allo stato non vi è alcuna protezione;

l’emissione in atmosfera, quanto alla matrice ambientale “aria”, di una quantità elevata di fenoli, che si depositano sul terreno e che, se direttamente inalati, sono pericolosi per la salute umana. Tale emissione è causata da una reazione in profondità di batteri con resine fenoliche, nonché dalla presenza di acido solforico (proveniente, come il manganese, da grossi quantitativi di batterie esauste interrate), con conseguente sviluppo di energia e di gas, che da luogo alle”fumarole”, peraltro visibili nell’area della cava già da vari anni. E’ in conseguenza dell’accertata contaminazione della falda che si è imposto il sequestro non solo del corpo di cava, ma anche dei quaranta pozzi come sopra indicati.

Del resto, l’analisi dell’acqua dei pozzi situati a “monte e a valle idrogeologico”, ha confermato che l’acqua “in arrivo” sottostante alla cava Monti è incontaminata, ma ne riesce, a valle, con una forte contaminazione. Inoltre, la situazione è ulteriormente peggiorata negli ultimi anni, come evidenzia il raffronto tra le analisi effettuate dall’Arpa Campania nel 2009 e quelle effettuate nel 2014.

Il procuratore della Repubblica, Raffaella Capasso, ha ritenuto doveroso dare comunicazione dell’esecuzione del sequestro, al fine di informare correttamente l’opinione pubblica, evitando la divulgazione di notizie imprecise e incontrollate sulle ragioni poste a base del provvedimento di sequestro (soprattutto con riferimento ai pozzi).

All’atto dell’esecuzione del sequestro sono stati notificati avvisi di garanzia nei confronti di tre soggetti privati, ritenuti, allo stato, responsabili del disastro ambientale in atto. Il decreto di sequestro preventivo è stato notificato anche al sindaco di Maddaloni, nominato custode dell’area. Dell’esecuzione del sequestro è stata data comunicazione alla Regione Campania e al Ministero dell’Ambiente, nell’ottica della doverosa collaborazione istituzionale e per consentire le opportune valutazioni e l’eventuale adozione di iniziative di competenza.

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