1 Maggio, Napolitano: “Allarme lavoro”. Sindacati: “Basta annunci”

di Redazione

 Roma. “Non è eccessivo parlare di allarme lavoro” e per questo motivo oggi serve “il massimo di reazione in termini di riforme e di politiche pubbliche, di impegno delle imprese e delle organizzazioni sociali”.

A dirlo, nel discorso al Quirinale in occasione del Primo maggio, è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato chiede ai sindacati di “concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche e innovative coraggiose e determinate” e sul tema del lavoro aggiunge: “Il confronto è fisiologico e il dissenso pienamente libero di esprimersi: ma le scelte conclusive non possono tardare a lungo”.

L’invito del capo dello Stato viene accolto dall’esecutivo: “Contrastare la disoccupazione giovanile è una priorità per l’Italia: il Paese non può vedere un’autentica ripresa se non offre nuove opportunità a chi rappresenta il nostro futuro”, dice il ministro del lavoro Giuliano Poletti. “Un Primo maggio senza rassegnazione”, scrive invece in una lettera al quotidiano Europa, il premier Matteo Renzi che sostiene come “da troppi anni ormai il tema del lavoro viene declinato come il tema del non-lavoro”.

E per protestare e manifestare i sindacati hanno deciso di ritrovarsi a Pordenone, presa come simbolo della grave crisi occupazionale che si registra su tutto il territorio nazionale, a partire dal caso Electrolux.

Basta con “sorrisi” e “annunci”, servono “riforme che cambino a fondo il Paese”, dice Susanna Camusso. Il messaggio di Cgil, Cisl e Uil al governo è lo stesso. “Cambiare marcia, serve un governo che le cose le faccia” aggiunge Luigi Angeletti. E Raffaele Bonanni spiega: basta “teatrini”, servono “progetti chiari e trasparenti”.

Ma la giornata registra anche scontri a Torino, dove vi sono vissuti momenti di tensione: alcuni manifestanti No Tav hanno tentato di forzare il cordone di agenti, ma sono stati respinti da alcune cariche di “alleggerimento”. La polizia ha effettuato anche perquisizioni e scontri.

Intanto, milioni di persone sono scese in piazza in tutto il mondo: dai paesi dell’Asia – come Cambogia, Malesia, Indonesia, Taiwan, Hong Kong e Singapore – dove i sindacati hanno indetto manifestazioni per chiedere salari e condizioni lavorative migliori fino alla Francia e alla Spagna. Tensioni a Istanbul, dove ci sono stati contatti tra forze dell’ordine e manifestanti.

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