Casa al Colosseo, i giudici: “Scajola non conosceva il prezzo”

di Redazione

 Roma. Claudio Scajola “non si è trovato nelle condizioni di conoscere il maggior prezzo d’acquisto” dell’appartamento di via Fagutale, a due passi dal Colosseo, “e non ne ha immaginato neppure la cospicua entità”.

Convinto di spendere poco più di 600mila euro per quell’immobile e, “non avendo mai fatto parola con nessuno del diverso e maggiore prezzo di acquisto”, l’allora ministro dello Sviluppo Economico “era inconsapevole” che l’imprenditore Diego Anemone avesse concordato tempo prima con le sorelle Papa, le due proprietarie, le modalità dell’ulteriore pagamento (200mila euro al momento del preliminare più altri 900 al rogito).

Lo spiega il giudice Eleonora Santolini motivando l’assoluzione di Scajola, perché il fatto non costituisce reato, dall’accusa di finanziamento illecito e il proscioglimento di Anemone per prescrizione dello stesso reato, scattato nell’ottobre 2013.

Scrive ancora il giudice che l’ex ministro “appare credibile” quando afferma di non aver avuto alcun motivo di parlare con altri del prezzo dell’appartamento “dal momento che il suo unico referente, in ordine all’acquisto del bene, era Angelo Balducci, persona vicina al Vaticano e conosciuta già dal 2000, che si era fatto carico di aiutarlo per la ricerca della casa a un prezzo di circa 600-700 mila euro e poi, in un secondo momento, lo aveva di nuovo avvisato dell’opzione esistente sull’immobile di via del Fagutale da parte del coimputato Anemone”.

Sui motivi per i quali l’imprenditore Anemone versi un milione e centomila euro alle sorelle Papa “senza che il beneficiario di siffatta elargizione ne sapesse alcunché”, il giudice afferma: “Non è inverosimile ipotizzare che Balducci, una volta avuta richiesta da Scajola di aiutarlo a trovare un’abitazione, possa aver pensato, unitamente ad Anemone, di sfruttare positivamente quella situazione, in vista di eventuali richieste di favori da avanzare all’allora ministro. Sicché, appare verosimile che i predetti personaggi, nella previsione di un netto rifiuto di Scajola a fronte di un’offerta di aiuto economico di quella portata, si siano determinati a versare il maggior prezzo di acquisto senza che Scajola ne fosse a conoscenza, ben consapevoli di porlo, a quel punto, di fronte a un fatto compiuto e, conseguentemente, in una situazione di sudditanza psicologica e di condizionamento, a causa delle evidenti implicazioni negative che si sarebbero abbattute sull’allora ministro nel caso in cui la notizia fosse diventata di dominio pubblico”.

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