Bancarotta fraudolenta, arrestati i vertici della Firema

di Redazione

 Caserta. I vertici della Firema Trasporti, operante nel settore dei veicoli ferroviari, finiscono agli arresti, con il sequestro preventivo di 2 milioni e 610mila euro rintracciati su vari conti correnti.

Gianfranco Fiore, 67 anni, e Roberto Fiore, 62, entrambi di Napoli, rispettivamente presente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Firema, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare, agli arresti domiciliari, emessa dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Insieme ad altre 17 persone, indagate a vario titolo, i due imprenditori partenopei sono ritenuti responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta “per distrazione” e impropria mediante “falso in bilancio” e altre operazioni illecite.

Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza di Caserta, protrattesi per oltre tre anni, a causa dei complessi fatti gestionali esaminati, che hanno richiesto anche l’intervento di consulenti esperti nello specifico settore, hanno consentito di disvelare una serie di condotte criminose che hanno portato al dissesto dell’impresa, dichiarato dal tribunale fallimentare il 13 agosto 2010 e al conseguente accesso alla procedura di amministrazione straordinaria.

La semplice lettura delle informazioni contenute nei bilanci depositati dalla Firema, come osservato dallo stesso giudice per le indagini preliminari, avrebbe fatto pensare che sulla società si era abbattuto un autentico ciclone economico, capace di portare in poco più di un anno – dai primi mesi del 2009 alla metà del 2010 – alla sostanziale decozione dell’azienda. In realtà, le investigazioni hanno fatto emergere che Gianfranco e RobertoFiore avevano effettuato una serie di prelievi di contanti, tra il 2004 e il 2007, per complessivi 2 milioni e 260mila euro nel 2009 e per 350mila euro dai conti correnti aziendali, utilizzandoli per finalità estranee alle attività dell’azienda, con la giustificazione che erano state pagate tangenti.

Come accertato dagli investigatori, i prelevamenti venivano mascherati, per una parte, da registrazioni “anomale” che servivano unicamente a dare una giustificazione contabile ai prelevamenti e, per la rimanente parte, da operazioni commerciali oggettivamente inesistenti, dissimulate da false fatture emesse da un soggetto compiacente – chiamato a rispondere in concorso con gli indagati – rappresentante legale di una società con sede nel lodigiano, poi dichiarata fallita. Inoltre, gli accertamenti hanno consentito di appurare altre condotte di bancarotta impropria, derivanti dalla: redazione dei bilanci di esercizio relativi alle annualità 2007 e 2008, affetti da molteplici falsità, in particolare relativamente alla rappresentazione contabile di due commesse (“Ercolano” e “Tsr”).

Questo comportamento scorretto, dettato dalla precisa volontà del management di migliorare almeno apparentemente la situazione economica e patrimoniale dell’impresa rispetto a quella reale, in modo da palesarsi ancora affidabile ai fornitori o per continuare ad accedere ai finanziamenti da parte del sistema bancario o, altresì, per evitare la revoca di affidamenti di cui l’azienda aveva già beneficiato, nella sostanza aveva determinato l’aumento dell’esposizione debitoria di Firema verso i terzi creditori, così aggravando ulteriormente il dissesto già in atto.

I due Fiore avrebbe, poi, eseguito una serie di operazioni (definite dal gip di “ingegneria economica”, poste in essere avvalendosi di un’altra società riconducibile ai Fiore, la controllante Gmr Spa, consistenti, in estrema sintesi: nell’acquisizione, da parte di quest’ultima, degli ingenti crediti vantati dal ceto bancario nei confronti di Firema, ad un prezzo pari al 35% del loro effettivo valore nominale, nel loro successivo conferimento alla stessa Firema – quale finanziamento soci – ed infine nella restituzione degli stessi al loro valore nominale (100%), in violazione del principio di necessaria postergazione, al socio Gmr e alla Melior Trust Spa, società fiduciaria, entrambe riferibili alla famiglia Fiore.

Attraverso tali articolate operazioni, che potevano apparire semplicemente improntate ad una sconsiderata gestione aziendale, nel periodo 2003-2010, si determinava il dissesto progressivo della società con un danno complessivo di oltre 54 milioni di euro.

Nell’ambito delle stesse indagini, in data 27 maggio 2013, era già stato effettuato un sequestro preventivo di 280mila euro nei confronti di Roberto Fiore, per l’indebita percezione, da parte della Firema, di contributi pubblici ex legge 488/92 (“incentivi alle imprese”), per 2 milioni e 849.600 euro ottenuti mediante l’invio alla banca concessionaria (deputata all’erogazione delle quote di contributo) di false dichiarazioni di atto notorio, attestanti spese sostenute per “stato avanzamento lavori”, giustificate da fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti.

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