Agguato a Baia e Latina, confermato arresto per padre e figlio

di Redazione

 San Marcellino. Dal fermo alla custodia cautelare in carcere per Arturo Pellegrino, 57 anni, di San Marcellino, e il figlio Vittorio Pellegrino, 34 anni, ritenuti i responsabili dell’omicidio di Giuseppe Cantile, 44 anni, di Frignano, ucciso a Baia e Latina, lo scorso 10 gennaio.

Ai due, già detenuti, rispettivamente, nelle carceri di Secondigliano e Santa Maria Capua Vetere, i carabinieri della compagnia di Capua hanno notificato le ordinanze emesse dal tribunale di Napoli. Le accuse, a loro carico, sono di omicidio premeditato in concorso con l’aggravante del metodo mafioso, porto e detenzione di arma da fuoco e per aver commesso il fatto con sorveglianza speciale. Cantile, ritenuto vicino al clan Papa, fu trovato morto durante la mattinata di quel sabato all’interno di una Fiat Bravo, a Baia e Latina, cittadina dell’Alto Casertano, nelle vicinanze della Palazzine popolari di via Caduti in Guerra.

 Al termine di serrate indagini i carabinieri del reparto operativo di Caserta e quelli della compagnia di Capua diedero esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dal pm della Dda di Napoli Gloria Sanseverino, nei confronti dei Pellegrino. Arturo, che era già sottoposto a sorveglianza speciale, è considerato affiliato clan dei casalesi – fazione riconducibile al boss Giuseppe Papa, quest’ultimo egemone nell’Alto Casertano, in carcere al regime duro.

A carico dei due gli inquirenti hanno raccolto gravi ed inconfutabili indizi di colpevolezza in merito all’efferato delitto. Secondo la ricostruzione dei militari dell’Arma, corroborata da riscontri di polizia giudiziaria e da elementi talmente incontrovertibili da convincere i due a rendere piena confessione davanti al magistrato, a freddare Cantile, con due colpi di pistola calibro 7,65 al volto, quando l’uomo era appena salito a bordo della propria autovettura e si accingeva a recarsi al lavoro è stato Arturo Pellegrino, che immediatamente dopo l’azione di fuoco si è dileguato a bordo dell’auto Lancia Y, guidata dal figlio Vittorio.

L’omicidio, scaturito all’interno dello stesso gruppo criminale va ricondotta alla volontà della vittima di escludere Arturo Pellegrino dalla divisione dei proventi delle illecite attività e dall’allontanarlo dal territorio d’influenza. I due, dopo il delitto, rientrati nelle loro abitazioni, avevano ripreso le loro normali attività e, per evitare riconoscimenti, avevano anche fatto lavare e ripulire l’autovettura, che è stata rinvenuta e sottoposta a sequestro.

Le immagini del 10 gennaio 2014

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