Diaz, Caldarozzi “Agì come nei peggiori regimi”

di Mena Grimaldi

 Roma. “Si è prestato a comportamenti illegali di copertura poliziesca propri dei peggiori regimi antidemocratici”.

Così la Cassazione si è espressa nei confronti dell’ex capo del Servizio centrale operativo della polizia, Gilberto Caldarozzi, in merito alle violenze alla Diaz commesse dalle forze dell’ordine contro i no global durante il G8 di Genova del 2001.

“Per questo motivo – continuano gli ermellini – la magistratura di sorveglianza gli ha negato l’affidamento in prova”. Con la conseguenza che Caldarozzi, condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi di reclusione, deve scontare ai domiciliari, e non in espiazione esterna, questa ultima parte della pena non coperta dall’indulto.

La Cassazione ha ritenuto che le violenze alla Diaz siano un fatto, in sè, di “estrema gravità” in quanto si è trattato di “un pestaggio forsennato, di inaudita violenza e privo di alcuna ragione di inermi dimostranti colti nel sonno mentre si trovavano al chiuso di un edificio scolastico”.

Per quanto riguarda gli addebiti contestati a Caldarozzi, i supremi giudici hanno sottolineato che nel 2001 lui era “dirigente della polizia, tutore della legge e della legalità e si è prestato a comportamenti illegali di copertura poliziesca propri dei peggiori regimi antidemocratici, in violazione di diritti fondamentali di libertà, di tutela giudiziaria, della dignità della persona, riconosciuti in tutte le democrazia occidentali, dalla nostra suprema carta e nella stessa Corte europea dei diritti”.

La Suprema Corte ha aggiunto che con “stretta coerenza logica, il tribunale di sorveglianza ad aprile 2013 ha dato parere negativo all’espiazione esterna per la non apprezzabile predisposizione del condannato ad un ripensamento critico della sua condotta, dedotta dalla sua indifferenza rispetto ad una prospettiva risarcitoria volontaria delle vittime, dalla lettura minimale delle sue responsabilità, dal rifiuto di esprimere pubblica ammenda per quanto accaduto in riferimento alle sue colpe”.

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