Clan Mallardo, sequestrati beni per 44 milioni tra Campania e Lazio

di Redazione

 Napoli. Beni mobili e immobili, per oltre 44 milioni di euro, riconducibili al clan Mallardo di Giugliano (Napoli) sono stati sequestrati dal Gico della Guardia di Finanza di Roma in Campania e Lazio.

L’operazione segue a pochi mesi dai sequestri eseguiti nei confronti dei fratelli Dell’Aquila prima e dei fratelli Ascione. Martedì mattina sono stati posti sotto sequestro beni riconducibili agli imprenditori Michele Palumbo, Angela Sequino e Francesco Biagio Russo, ritenuti stretti fiduciari del capoclan Feliciano Mallardo, indiziati di aver organizzato, nel Lazio, una cellula camorristica federata con il clan napoletano, per conto del quale avrebbero reimpiegato i proventi delle molteplici attività delittuose.

Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso di ricostruire un vero e proprio gruppo imprenditoriale, composto da diverse società, attraverso le quali i destinatari dei provvedimenti avrebbero effettuato molteplici e ingenti investimenti, principalmente nel settore delle costruzioni edilizie nonché in quello della distribuzione di combustibile per uso domestico.

Anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è stato svelato un “sistema dei mutui” utilizzato per effettuare gli investimenti camorristici, volto non solo a dare un’apparente regolarità agli investimenti effettuati che, altrimenti, non avrebbero trovato giustificazione sotto il profilo economico ma, soprattutto, a schermarli e giustificarli, preservandoli da eventuali provvedimenti ablativi. In pratica, il mutuo veniva acceso soltanto per creare una giustificazione apparentemente lecita all’apporto di denaro liquido. Tale operatività ha consentito alle persone coinvolte, ai loro sodali e ai soggetti giuridici dagli stessi diretti, di mimetizzarsi abilmente con il tessuto sociale ed economico legale, soprattutto in quelle zone situate nell’area nord-est della Capitale, dove non si registravano situazioni di particolare allarme sociale connesse alla criminalità organizzata, realizzando una effettiva commistione tra l’economia lecita e quella illecita.

Come dimostrato dalle investigazioni delle fiamme gialle, sono stati infatti effettuati significativi investimenti immobiliari/edilizi, soprattutto nell’area della capitale e nei comuni a ridosso della stessa (Fonte Nuova, Mentana, Guidonia Montecelio, Monterotondo e Sant’Angelo Romano), oltre che in alcuni comuni della provincia di Napoli, servendosi di soggetti giuridici spesso intestati a prestanome. Attività che hanno consentito alla “holding” criminale di accumulare un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare, del tutto incongruente con il modesto profilo reddituale emergente dalle dichiarazioni dei redditi.

Nel patrimonio sequestrato figurano anche otto società, con sede nelle provincie di Roma e Napoli, di cui quattro operanti nel settore della costruzione di edifici, una in quello della compravendita di immobili, tre nel commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e 152 unità immobiliari (fabbricati e terreni), situate a Roma e nelle provincie di Roma, Napoli e Caserta.

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