Porcellum all’esame della Consulta, ma i tempi si allungano

di Redazione

 ROMA. E’ iniziata martedì 3 dicembre al Palazzo della Consulta l’udienza pubblica della Corte Costituzionale sulla legge elettorale.

Al centro del ricorso contro la legge, figurano il premio di maggioranza senza la fissazione di un quorum minimo prestabilito e l’abolizione delle preferenze determinato dalle liste elettorali bloccate dei partiti.

C’è ancora incertezza in merito ai tempi della camera di consiglio e quindi della decisione. Fra le ipotesi, oltre all’ammissibilità o meno del ricorso, figura anche la possibilità di un rinvio, che consentirebbe indirettamente al Parlamento di avere un maggior lasso di tempo per approvare la riforma elettorale. L’agenzia Ansa riporta che la Consulta ha fissato per il 14 gennaio una camera di consiglio sull’ammissibilità di un referendum, data che potrebbe venire usata per esprimere la decisione sul Porcellum.

Intanto, sulla riforma della legge elettorale è intervenutoa anche il presidente del Senato, Piero Grasso che avverte: “I gruppi parlamentari non riescono a trovare un accordo politico, dimostrando di non sentire la marea montante di una rabbia che si riverserà, più forte di prima, contro tutti i partiti”. E aggiunge: “Se lo stallo dovesse continuare, nonostante i recenti sviluppi politici, non esiterò un attimo a sostenere il trasferimento di questo tema alla Camera dei deputati”.

L’approdo in Consulta della legge elettorale ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c’è l’insistenza di un avvocato 79enne, Aldo Bozzi, che ha deciso di portare avanti la battaglia. Nel novembre 2009, in qualità di cittadino elettore, Bozzi cita in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione – ossia voto “personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e “a suffragio universale e diretto”.

Nel giudizio sono intervenuti ad adiuvandum, cioè a sostegno della posizione di Bozzi, 25 cittadini elettori. Il 18 aprile 2011 il Tribunale di Milano ha rigettato l’istanza, giudicandola manifestamente infondata. Bozzi ha fatto ricorso in appello e il 24 aprile 2012 la Corte d’appello di Milano lo ha respinto, motivando che il principio del voto uguale per tutti è da intendersi in senso formale, ossia che nell’urna ogni voto ha lo stesso valore. E’ seguito il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, prima sezione civile, non ha preso una decisione, ma con un’ordinanza interlocutoria nella quale segnala numerosi aspetti critici della legge elettorale, il 17 maggio scorso ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale.

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