Carditello, Bray chiarisce: “Le mie critiche erano riferite a discarica”

di Redazione

 Casal di Principe. “Nel mio intervento al programma ‘Che tempo che fa’ ho ribadito come in un territorio limitrofo alle residenze borboniche, luoghi di straordinaria bellezza che dovranno essere valorizzati e attrarre milioni di visitatori l’anno, si sono fatte scelte sbagliate come quella di costruire, anche vicino al Comune di Casal di Principe, addirittura una discarica”.

Così, all’agenzia Agi, risponde il ministro dei Beni culturali, Massimo Bray, ai cittadini di Casal di Principe che si erano sentiti offesi dalle sue parole, durante l’intervista rilasciata a Fabio Fazio domenica sera su Raitre. Bray, infatti, si era detto “impressionato” dalla vicinanza della reggia di Carditello con la discarica di San Tammaro e il Comune di Casal di Principe. “Come se fosse nostra la colpa del degrado di Carditello”, avevano commentato in molti nella cittadina dell’agro aversano, chiedendo le scuse o quantomeno un chiarimento dal ministro.

Chiarimento che è arrivato: in sintesi, Bray condanna la costruzione della discarica sia nelle vicinanze della residenza borbonica che di un centro abitato, qual è Casal di Principe. Sulla riqualificazione del sito di Carditello, abbandonato a se stesso da anni e finito all’asta, il ministro si dice convinto che “il recupero della reggia consentirà di definire uno dei percorsi turistici e culturali teso al rilancio di un territorio così importante”.

Il Real Sitosorge nel territorio di San Tammaro, da anni è abbandonato ed è oggetto di un’asta giudiziaria per l’acquisto, finora andata deserta, con una base, ad oggi, di 10 milioni di euro. Il nome deriva da “Carduetum, cardueti – cardito, carditello”, ovvero “luogo piantato a cardi”, perché il luogo si presentava disseminato, appunto, della pianta di cardo, tanto da formare una barriera per chi voleva inoltrarsi a piedi o a cavallo. Costruito dall’architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli, e situato a circa quattro chilometri ad ovest al centro abitato San Tammaro, a metà strada tra Napoli e Caserta, Carditello è un complesso architettonico sobrio ed elegante di stile neoclassico, destinato da Carlo di Borbone (1716-1788) a luogo per la caccia e l’allevamento di cavalli, poi trasformato, per volontà di Ferdinando IV di Borbone (1751-1752), in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l’allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Non un semplice luogo di “svago” per i reali, dunque, ma vera espressione di imprenditoria ispirata dalle idee illuministiche che caratterizzavanoquei tempi.

 Nel 1920 gli immobili e l’arredamento passarono dal demanio all’Opera Nazionale Combattenti. I 2070 ettari della tenuta furono lottizzati e venduti, esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti, che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del “Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno”. Nel 1943 fu occupata dalle truppe tedesche, che vi stabilirono il proprio comando. I vandalismi dei soldati contribuirono a incrementare lo stato di degrado.

Da allora la tenuta, che dovrebbe rappresentare una delle principali attrazioni turistiche della Campania e del Sud Italia, è in preda al più totale degrado e abbandono. E la razzia di decori, sculture, arredi architettonici, pavimenti, attrezzature agricole, è all’ordine del giorno. Una vergogna tutta italiana, testimonianza, mai come in questo caso, dell’assenza delle istituzioni e del disinteresse verso il grande patrimonio storico di queste terre.

Il 27 gennaio 2011 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a fronte dei debiti del consorzio di bonifica, ha disposto la vendita all’asta del complesso monumentale al prezzo base di 20 milioni di euro. Una prima asta è andata deserta, così come la seconda svoltasi a novembre. Ora la nuova asta sarà effettuata, il 15 marzo 2012, con un ribasso del 25 per cento, dunque al costo di 15 milioni di euro. Se anche quest’ultima andasse deserta, il prezzo scenderebbe attorno ai 10 milioni, e così via, fino a raggiungere una cifra “appetibile”. Il rischio è che il sito, finendo in mano a privati, potrebbe trasformarsi in un beauty center, un casinò, o comunque assumere una destinazione completamente diversa da quella originale.

Per impedire la vendita le associazioni chiamano in causa la Regione Campania, affinché estingua i debiti del consorzio e, dunque, blocchi l’asta. La proposta, da più parti lanciata al governo campano, è quella di far acquisire il sito al costo simbolico di un euro con l’impegno di provvedere al restauro e di stipulare una convenzione con l’ente proprietario per una gestione pubblico-privata. Sarebbe questo il solo modo per salvare Carditello, evitando che finisca in mano alla speculazione o, addirittura, e da queste parti non sarebbe una novità, alla criminalità organizzata. Intanto, visto che il sito non è protetto da vigilanza, proseguono i furti di affreschi, pavimenti e perfino di cancelli e di rame degli impianti elettrici.

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