Dissesto idrogeologico, Coppola: “Fermare il consumo del suolo”

di Redazione

 NAPOLI. Forse, è arrivato il momento che, sulla difesa del suolo, Stato, Regioni ed Enti locali facciano un esame di coscienza anche, e non solo, alla luce dei tragici avvenimenti in Sardegna; i cittadini italiani hanno diritto ad una operazione verità sulle condizioni fisiche dei territori che vivono e sugli abusi a rischio demolizione.

Premesso che l’episodio ha avuto una eccezionalità meteorologica unica, non si può, però, prescindere dalla considerazione che, per l’Isola di Garibaldi, come per il resto d’ Italia, grandi responsabilità esistano a causa della cementificazione e della impermeabilizzazione indiscriminata del territorio.
Ed allora, non essendo nel potere (e nella volontà) del singolo cittadino o imprenditore o professionista che voglia costruire autolimitarsi, tocca alle Istituzioni tutte, prese nel loro insieme e per i rispettivi poteri decisionali, avere il coraggio, ripeto, avere il coraggio di fermare la costruzione di nuovi edifici, eventualmente con la sola esclusione di opere pubbliche e di interesse pubblico, evitando una ulteriore impermeabilizzazione del territorio attraverso il consumo di altro suolo, almeno per i prossimi tre anni.
Trattandosi di materia che, per la Costituzione, è concorrente tra Stato e Regioni si predisponga, con immediatezza, un decreto legge, da confermare con singole leggi regionali, con il quale si sospenda, almeno per i prossimi tre anni, il rilascio di titoli abilitativi su aree oggetto di nuova impermeabilizzazione del territorio e di nuovo consumo di suolo.
La proposta che, di per sé, può apparire bizzarra e ostativa al rilancio del settore dell’edilizia;
viceversa, contribuirebbe a: Consentire agli enti pubblici competenti (autorità distrettuali di bacino in primis ) di effettuare una mappatura seria, tecnica e non politica, delle aree sottoposte a rischio frane ed inondazioni;
rilanciare il riuso del patrimonio edilizio già esistente, magari con premialità volumetrica; orientare investimenti nel settore edile verso il costruito, con rivitalizzazione dei centri storici;
consentire, con una semplice modifica di un rigo (7 parole da cancellare) della legislazione vigente (con esclusione delle costruzioni realizzate in aree sottoposte a rischio idrogeologico o che siano comprese in area a vincolo paesaggistico o che non abbiano rispettato le norme in materia di costruzione antisismica, per le quali, anzi, è necessario provvedere, in fretta, al ripristino delle condizioni di sicurezza) il rilascio di titoli abilitativi in sanatoria.
Come si vede, tanti sarebbero i risvolti positivi di una iniziativa-choc che consenta a tutti di comprendere che non è la natura la causa dei mali che l’uomo provoca e, contemporaneamente,offra ai Comuni la possibilità di decidere del proprio territorio e di incamerare soldi che, in questo momento particolare, servono agli enti locali per metter in sicurezza le aree a rischio.
Se alla Magistratura va riconosciuto il dovere di applicare la legislazione vigente in materia di sanzioni, sia penali che amministrative, (e la magistratura napoletana, negli ultimi anni, è stata particolarmente attenta all’applicazione della legge ed al rispetto della legalità ) e se, come è vero, la legge, particolarmente da parte dello Stato, va applicata e rispettata, tocca alla Politica porsi il problema del rischio della sicurezza delle condizioni fisiche del territorio in cui vivono i cittadini italiani e di una pace sociale che, evitando strumentalizzazioni da parte della criminalità organizzata, tocca spesso i cittadini più deboli e meno protetti.
Alberto Coppola
Docente di Legislazione Urbanistico
Dipartimento di Architettura
Università “Federico II” di Napoli
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