Camorra, arrestato Cipriano Chianese: il “pioniere” delle ecomafie

di Redazione

 Caserta. Gli uomini della Direzione investigativa antimafia hanno tratto in arresto, per estorsione aggravata dal metodo camorristico, il “re dei rifiuti” Cipriano Chianese, 62 anni, già sottoposto agli arresti domiciliari.

Insieme ad un altro indagato, Carlo Verde, 37 anni, suo collaboratore, l’imprenditore originario di Parete avrebbe costretto i titolari di una società attiva nel settore dei trasporti (la “Mary Trans”), a cedere le quote e la gestione della società ai precedenti titolari di fatto, avvalendosi della forza intimidatrice del clan dei casalesi. Chianese è imputato – nel processo in corso di celebrazione innanzi alla Corte d’Assise di Napoli – per il delitto di avvelenamento delle falde acquifere, disastro ambientale, delitti finalizzati ad agevolare il sodalizio dei casalesi, nonché associazione di tipo mafioso ed estorsione.

Secondo quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, nei sui confronti è risultato un grave quadro indiziario quale mandante, regista e, insieme ad altri, parziale esecutore delle attività delittuose che nel dicembre 2005 portarono alla cessione delle quote della società di trasporti e del relativo complesso aziendale a suo Francesco Chianese.

L’attività investigativa svolta dalla Dia di Napoli hanno permesso di accertare come operazioni societarie di cessione e di retrocessione di quote sociali, concretizzatesi in modo anomalo nell’arco di soli due mesi, celassero, in effetti, un’azione estorsiva, commessa con modalità mafiose a danno dei formali acquirenti delle quote sociali. Azione che si concretizzava progressivamente, dapprima in minacce verbali, poi nella prospettiva di un intervento dei vertici dell’organizzazione camorristica dei casalesi e, infine, con l’imposizione agli stessi di recarsi, garantendogli “l’incolumità”, in una località del casertano per sottoscrivere la retrocessione delle quote sociali a favore di Francesco Chianese.

Della vicenda riferiva un collaboratore di giustizia, già affiliato all’organizzazione camorristica, le cui dichiarazioni – analizzate in relazione agli esiti di precedenti attività investigative (escussioni testimoniali, intercettazioni, acquisizioni documentali) in precedenza non compiutamente interpretabili – portavano alla riapertura delle indagini archiviate nel 2011.

Chianese è stato il primo a essere rinviato a giudizio, in Italia, negli anni ‘90 per disastro ambientale ed avvelenamento delle falde acquifere. Ad aprile, per ordine del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, gli sono stati confiscati beni per 82 milioni di euro, che erano stati sequestrati nel dicembre del 2006. E’ considerato dagli investigatori come “colletto bianco” del clan dei casalesi.

La prima ordinanza d’arresto nei suoi riguardi è del 1993, quando fu accusato di associazione mafiosa, insieme ad altri 20 imprenditori del settore dei rifiuti. In quel contesto d’indagine venne accertato che i clan del casertano e del napoletano, nel 1987, avevano favorito alcuni candidati nelle elezioni politiche e amministrative che si erano detti favorevoli ad autorizzare gli impianti di smaltimento dei rifiuti del Napoletano a ricevere – in piena violazione delle norme – i rifiuti solidi urbani extraregionali. Chianese, in quell’occasione, venne assolto dal Tribunale di Napoli che, invece, condannò molti imprenditori e politici.

Nel 2005 venne raggiunto da un’altra ordinanza d’arresto e da un provvedimento di sequestro beni con l’accusa di avere fornito sostegno ai Casalesi. Nell’agosto del 2006, le indagini della Dia hanno accertato che una società riconducibile a Chianese, la “Resit”, qualche anno prima, aveva acquistato l’area sulla quale sorgeva un impianto di smaltimento dei rifiuti (ottenuto grazie all’intermediazione dei due capizona dei Casalesi Dario De Simone e Raffaele Ferrara). L’area e l’impianto vennero sequestrati e, per la prima volta in Italia, un indagato – Chianese, appunto – venne rinviato a giudizio per disastro ambientale ed avvelenamento delle falde acquifere. Il procedimento giudiziario nei suoi confronti è ancora in corso.

Oltre ad aver subito il sequestro (nel dicembre 2006) e la confisca (nell’aprile 2013) di beni per 82 milioni di euro, Chianese è stato sottoposto in passato all’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per tre anni e sei mesi.

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